venerdì 30 ottobre 2015

La meglio gioventù

«Siamo stanchi di diventare giovani seri o contenti per forza, o criminali, o nevrotici: vogliamo ridere, essere innocenti, aspettare qualcosa dalla vita, chiedere, ignorare. Non vogliamo essere subito già così senza sogni».
Pier Paolo Pasolini, “La meglio gioventù”

(foto Web da Arrivederci ragazzi di Louis Malle)

giovedì 29 ottobre 2015

Sfoltire ...

Il mondo è così complicato, aggrovigliato e sovraccarico che per vederci un po' chiaro è necessario sfoltire, sfoltire....
(Italo Calvino - Se una notte d'inverno un viaggiatore)

M.C. Escher

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mercoledì 28 ottobre 2015

La radio

se una radio è libera ma libera veramente
piace anche di più perché libera la mente


La radio, media "caldo" secondo la definizione di McLuhan (reminiscenze dell'esame di Teorie e tecniche delle comunicazioni di massa), il mezzo di comunicazione che io preferisco in assoluto.

Ph Ilaria Trapani

In casa avevamo questa radio, anche mia nonna (dove ho passato buona parte della mia vita fino ai 5 anni e nelle vacanze) ne aveva una in cucina. Si ascoltava sempre la radio. All'ora di pranzo dopo il radiogiornale si ascoltava sempre "il gambero". Conoscevo tutti i programmi, Alto Gradimento, la Hit parade, chiamate Roma 3131, i programmi dalla "sala Asiago" dal vivo, i radiodrammi. Conoscevo le voci. Insomma io sono cresciuta con la radio accesa e mi ha seguito sempre, di giorno, di notte (una volta lessero in diretta una mia lettera inviata a Rai Stereo Notte, mi mandarono anche due vinili). Come tutt'ora d'altronde. Non amo la radio commerciale, i network, trasmettono musica fotocopia, direttamente gestita dalle case discografiche e trovo noioso ascoltare le hit del momento e a sentire gli stessi argomenti e le stesse parole dette dal conduttore di turno. Argomenti fotocopia pieni zeppi di pubblicità fino alla nausea. Anche se, a onor del vero c'è da raccontare che nel '93 io mi alzavo molto presto perché entravo in ufficio alle 7, avevo la sveglia alle 5.40 e mi svegliavo con Radio Deejay, prima c'era Roberto Ferrari e poi Marco Baldini e vi assicuro che non poteva esserci un risveglio migliore. Cominciavo a ridere dal momento in cui aprivo gli occhi. E' bello cominciare così la giornata! (ora mi sveglio con il radiogiornale e devo dire che il risveglio è decisamente meno allegro).
Anche io, come d'altronde ho già accennato in questo blog (vedi articolo sul film Radiofreccia), sono stata dietro ad un microfono. La prima volta che parlai ad un microfono è stato quando ero bambina, mia madre (un vulcano di idee e di attività per quegli anni e in quel contesto in particolare), che conduceva un programma per una radio libera, mi intervistò facendomi domande su quale favola preferissi (non ero "normale" neanche allora e dissi che preferivo quelle di Gianni Rodari, che nessuno conosceva). Ho lavorato in tre radio "libere", quelle erano radio libere! Mi portavo da casa le mie cassettine, i miei vinili, i miei giornali. Arrivavo in radio una mezz'oretta prima, sceglievo i dischi (anche se i mezzi erano davvero pochi e ci dovevamo accontentare di pochi dischi ma di quelli seri!). Fermavo la bobina che mandava la musica, accendevo la consolle, tiravo su il cursore e cominciavo a parlare. Tutto da sola. Era il mio ambiente naturale stare dietro al microfono (ogni tanto ero in difficoltà quando si bloccavano le cassette nel registratore, ma poi me la cavavo, ma i mezzi erano quelli che erano). Poi ho condotto altri programmi insieme ad altri amici. Ne conducevamo uno di notte ... That's the way. E ci ascoltavano. So che stranamente (nonostante dei ripetitori di fortuna) il segnale arrivava anche fino oltre cento chilometri e so che mi ascoltavano. Il segreto per me era pensare a chi potesse esserci dall'altra parte e parlargli direttamente, come se non ci fosse l'etere a dividerci. Insomma, la mia voce girava in quei posti, anche attraverso le registrazioni dei "Jingle" pubblicitari. Avevo deciso che quella sarebbe stata la mia vita. Avevo impostato i  miei studi in modo da esser pronta a poter lavorare in radio, in redazione, in voce, in qualche modo, ma in radio. Ma purtroppo non sempre le cose vanno come si vorrebbe che vadano (anzi mai) e la mia vita è virata verso altri lidi .... molto meno stimolanti per me (non meno caotici sicuramente). Quindi, in finale, non posso che dire: Viva la radio! e quando qualcuno mi dice: io non ascolto mai la radio! beh penso sempre che questa persona abbia dei seri problemi ....

E quindi, come terminare? con la canzone simbolo delle radio libere.

La radio - Eugenio Finardi (1976)




Quando sono solo in casa e solo devo restare
per finire un lavoro o perché ho il raffreddore
c'è qualcosa di molto facile che io posso fare
accendere la radio e mettermi ad ascoltare

Amo la radio perché arriva dalla gente
entra nelle case e ci parla direttamente
se una radio è libera ma libera veramente
piace anche di più perché libera la mente

Con la radio si può scrivere leggere o cucinare
non c'è da stare immobili seduti a guardare
forse è proprio quello che me la fa preferire
è che con la radio non si smette di pensare

Amo la radio perché arriva dalla gente
entra nelle case e ci parla direttamente
se una radio è libera ma libera veramente
piace anche di più perché libera la mente

Un uomo

«.... Ma so di essere stato un uomo: perché ho molto amato, ho molto sofferto, ho anche errato cercando di riparare al mio errore, come potevo, e non ho odiato mai. Proprio quello che un uomo deve fare: amare molto, anche errare, molto soffrire, e non odiare mai».
Giuseppe Ungaretti

Ph Lee Jeffries 

martedì 27 ottobre 2015

La strada

[...] Il problema è questa strada
bella strada
questa strada che corre
e scorre
e soccorre
ma non corre diritta
come potrebbe
e nemmeno storta
come saprebbe
no.
Curiosamente,
si disfa.
Credetemi
( per una volta credete voi a me )
si disfa.
Dovendo riassumere dovendo,
se ne va
un po' di qua
e un po' di là
presa
da improvvisa
libertà.
Chissà.
(Alessandro Baricco - Oceano mare)

Ph Gianni Berengo Gardin

lunedì 26 ottobre 2015

Tracce ...

Ci sono giorni in cui ogni cosa che vedo mi sembra carica di significati: messaggi che mi sarebbe difficile comunicare ad altri, definire, tradurre in parole... Sono annunci o presagi che riguardano me e il mondo insieme: e di me non gli avvenimenti esteriori dell'esistenza ma ciò che accade dentro, nel fondo; e del mondo non qualche fatto particolare ma il modo d'essere generale di tutto. Comprenderete dunque la mia difficoltà a parlarne, se non per accenni.
(Se una notte d'inverno un viaggiatore, Italo Calvino)

Ph Sergio Larrain 


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domenica 25 ottobre 2015

Seminare....

Credo che noi raccogliamo ciò che seminiamo 
se semino vento raccolgo tempesta
se semino indifferenza raccolgo indifferenza
se semino silenzi raccolgo altrettanti silenzi (ma pieni d'astio perché i primi incomprensibili) 
se semino una pianta la devo curare con passione, affetto e parole e la pianta diventerà rigogliosa e piena di fiori 
se costruisco un muro, se voglio che sia scavalcato, non lo costruisco troppo alto ma ci metto ogni tanto qualche chiodo affinché il muro possa essere un giorno abbattuto 
quante cose e persone importanti si perdono per strada per la propria incapacità di saper "seminare" ..... e si dà sempre la colpa agli altri per la propria incapacità di mantenere vivo ciò che si è seminato!

Francesca Cammisa

Ph Ilaria Trapani

sabato 24 ottobre 2015

L'abitudine ...

Regola numero 3: non abituarsi mai a quelle piccole cose che accadono e che nascondono “granelli di una felicità appena percepibile” ….

Ph Peter Keetman 

Scrissi tempo fa questa regola quando mi vennero a mancare alcuni piccoli gesti e segnali ai quali mi ero abituata. Erano piccoli gesti, di relativa importanza, ma che per me acquisivano un grande significato, rendendomi felice anche solo per un attimo. Come si fa a non rimanere "schiavi" dell'abitudine. L'abitudine delle proprie azioni, dei propri gesti,ogni giorno, alcune volte ti fa sentire come in una gabbia, Ma io non avrei voluto, mai e poi mai, non abituarmi a quei piccoli gesti, segnali e azioni improvvise che mi facevano sorridere. Mi mancano, ma tanto.
 Lorenzo Licalzi  ne  "L'ultima settimana di settembre" scrive: 
L’abitudine è una brutta bestia, solo apparentemente mansueta: è una bestia che ti tira sempre nella stessa direzione e che spesso ti fa compiere scelte sbagliate o non ti fa vedere soluzioni a un problema che invece, magari, sarebbero a portata di mano. Perché l’abitudine cristallizza i nostri comportamenti e ci fa credere che un minimo scarto dal solco profondo che ha tracciato sia una cosa fuori dal mondo, perché il mondo diventa, per colpa dell’abitudine, soltanto quel solco dentro il quale ci fa camminare.
Ed ha ragione, ma io non vorrei disabituarmi a quei "piccoli granelli di felicità appena percepibile", anche se poi alla fine si è costretti a farlo .... 

venerdì 23 ottobre 2015

..... e poi ci si affida al tempo, sperando che possa sanare ogni cosa

..... e poi ci si affida al tempo sperando che possa sanare ogni cosa e alla speranza dell’oblio che alcune volte esso stesso provoca. 
Che sia in un minuto, un’ora, quattro mesi, una vita, si pensa che con il tempo si riesca a elaborare ogni “lutto”, di qualunque tipo esso sia. Ma non è così. Alcune volte ci sono luoghi, persone, situazioni, sensazioni, gioie, dolori che sono rimasti lì, fermi nel tempo e ti ripiombano addosso all’improvviso …. e come scrive Azar Nafisi “E' così che ci piomba addosso il passato, come una coltellata alla schiena. E arriva spezzettato, in tanti frammenti che non riusciamo più a ricomporre”. 

Ph Francesca Cammisa


Alcune volte si vorrebbe che il tempo si fermasse, altre che corra velocemente, per poi ritrovarsi in un attimo senza poter ritornare indietro. 

Altre volte vorresti che il tempo ricominciasse e ripetesse in eterno quell’attimo che mai vorresti terminasse. 
Invece, altre volte vorresti che il tempo cancellasse quell’attimo in cui sono accaduti avvenimenti che mai avresti voluto accadessero. Altre volte si vorrebbe riavvolgere il tempo per rimediare a cadute improvvise nel vuoto. Ma il tempo scorre inesorabile e noi corriamo veloci trascinati da lui, con le mani protese verso il futuro e la testa voltata indietro per non perdere quel che il tempo ci ha fatto lasciare indietro ….
fc 

giovedì 22 ottobre 2015

Danzare ...

«Può darsi che non sarai mai felice. Perciò non ti resta che danzare, danzare così bene da lasciare tutti a bocca aperta».
Haruki Murakami, “Kafka sulla spiaggia”


Ph Lois Greenfield 

martedì 20 ottobre 2015

Il punto vulnerabile ......


[...] Uno sguardo ben mirato basterebbe. Sono convinta che da qualche parte, dentro me, c'è un punto vulnerabile che chiunque, anche uno sconosciuto, può vedere e colpire. Eliminarmi con una parola. 
(D. Grossman - Che tu sia per me il coltello)
Ph René Burri

lunedì 19 ottobre 2015

La casa, il nostro rifugio ....

Sì, forse la vita è questo. Si procede tra normalità e paura, e si aspetta ogni volta di tornare alla nostra dimora, di trovare un po' di quiete, un rifugio. Magari salendo le scale di casa verremo presi dall'angoscia, avvertendo che il dolore ci ha seguito fin lì. Comunque sia, è un inferno che conosci. Ed è meglio di quella nebbia spietata, meglio che non vedere nulla, meglio della solitudine dei nostri passi. (Stefano Benni – Cari Mostri)

Stefano Benni descrive così il ritorno a casa, la casa come rifugio, dove ritroviamo la nostra quiete (almeno così dovrebbe essere, anche se per molti non lo è). Ma in fondo, quando ci si trova a disagio in alcune situazioni si pensa sempre: voglio tornare a casa mia!!!!!

2013

Questa è una foto della casa ormai abbandonata e priva di vita e colori, dove ho passato parte della mia infanzia e della mia gioventù. Questa casa ne ha viste di tutti i colori, ha sopportato i terremoti, il vento che da quelle parti soffia alcune volte in modo “feroce”, tanto da sembrare da far volare ogni cosa, la neve, il freddo.
Una casa, quasi in campagna, con un bellissimo piccolo giardino, anche se disordinato, curato da mia madre. 
Una casa piena di gatti e cani. 
Il mio vero rifugio però, non era solo quella casa, ma la mia stanza che racchiudeva il mio mondo multiforme, dove c’era soprattutto una radio, che ascoltavo perennemente anche di notte. Ero orgogliosa di quella stanza sui cui muri era attaccato ogni singolo ricordo, ogni cosa che per me fosse importante. Ogni cassetto nascondeva e custodiva mille piccole cose, che anche se apparentemente prive di importanza, per me erano di grande significato.
  1985
Ogni persona che conosco ha un ricordo particolare di quella casa. Ogni volta che se ne parla affiorano a tutti mille ricordi, in molti ne sono legati. Era un punto di ritrovo per tutti gli amici, facevamo feste, pranzi, cene, ci si ritrovava a giocare, a vedere film, a suonare, ad ascoltare la musica. C’era un gran via vai e tutti hanno un bellissimo ricordo. C’è stato un periodo in cui spesso ero sola e la sera al posto di incontrarci in piazza ci si incontrava a casa mia, un via vai di gente, anche mai vista né conosciuta, si tirava fino a tardi, organizzammo “pigiama party”, pizzate, sedute spiritiche (il luogo si prestava molto).
La porta di quella casa era sempre aperta all’accoglienza, abbiamo ospitato gente proveniente da tutto il mondo, per esempio nostri amici universitari (noi siamo quattro figli e quindi ….) e poi ha accolto conoscenti, amici, parenti in visita o per loro visite mediche. Insomma un rifugio per molti. Anche per me. Ricordo una volta venni inseguita da un male intenzionato, corsi verso casa, riuscii ad entrare dal cancello ma non dalla porta che risultava bloccata, provai ad entrare in altro modo mentre il tipo cercava di scavalcare il cancello. Il mio cane, che regolarmente abbaiava a tutti i miei amici, in quel caso lo osservava senza fare nulla …. Insomma alla fine mi nascosi nel garage e il tipo desistette dal suo cattivo intento. Mi salvai, ma non sempre le cose vanno per il verso giusto ….

Ora vivo in una casa che è molto, ma molto più piccola, non è più frequentata da così tanta gente, è in piena città, è all’ottavo piano, non ha il giardino, è piena di libri, di oggetti, di ricordi che difficilmente butto… ma, anche se stretta, ci sto bene e rimane il mio piccolo rifugio.

Nella pagina dedicata alla musica straniera di questo blog, tempo fa pubblicai un pezzo dei Cinematic Orchestra, to Build a home, e terminai con la frase “E quando qualcuno ti dice: Ho costruito una casa, per me, per te, vuol dire che ti vuole ben davvero .....”

Non potevo non terminare questo mio articolo sulla mia casa se non con un’altra canzone, in questo caso di Pino Daniele, pezzo ascoltato mille volte in quella casa, nella mia stanza. In fondo chi di noi non vorrebbe tornare a casa propria, che non è detto che sia quella che si abita .... 

Pino Daniele - Puorteme a casa mia - 1981



Puorteme a casa mia
addo cresce tutte cose
senza parlà
Puorteme a casa mia
nun me fà cchiù girà
e po appicciammo 'o fuoco
chiudimmo 'a porta
pe' nun 'o fà stutà
Puorteme a casa mia
addò chi cade 'nterra
se sape aizà
Puorteme a casa mia
'o tiempo da guardà
Piglio sulo quaccosa
avanza 'o pere
nun me fà spantecà
Ma nun vide si nun passe mò
nun passamme cchiù
Ma nun vide si nun passe mò
nun passamme cchiù
Piglio sulo quaccosa
avanza 'o pere
nun me fà spantecà

venerdì 16 ottobre 2015

... un orecchio che sappia ascoltare

[...] Questa è la cosa peggiore, secondo me. Quando il segreto rimane chiuso dentro non per mancanza di uno che lo racconti ma per mancanza di un orecchio che sappia ascoltare. 
(Stephen King - Stagioni diverse)

Foto web 

giovedì 15 ottobre 2015

i sogni sognati troppo a lungo ...

«Troppo presto, per me; o troppo tardi: i sogni sognati troppo a lungo, io ero impreparato a viverli».
Italo Calvino, “Il sentiero dei nidi di ragno”. 
(nasceva il 15 ottobre 1923)

Ph Max Dupain 

mercoledì 14 ottobre 2015

Mantenere un'anima ...

Sapete cosa significa oggi mantenere un'anima, una coscienza? Sono accessori di lusso, garantito al mille per cento! Fatti un po' di conti, costano più di un SUV! E vi parlo di coscienze e anime semplici, non di quelle di Shakespeare, di Checov o di Kafka.
 (D. Grossman - Applausi a scena vuota)

Ph Werner Bischof 

lunedì 12 ottobre 2015

De profundis ....

«Le sole persone con le quali ora mi interesserebbe di trovarmi sono gli artisti e coloro che hanno sofferto: quelli che sanno cosa sia la bellezza, e quelli che sanno cosa sia il dolore: nessun altro mi interessa»
Oscar Wilde, “De Profundis”



Ph Andy Spyra 

domenica 11 ottobre 2015

Aspettare

Se tardi a trovarmi, insisti.
Se non ci sono in nessun posto, cerca in un altro,
perché io sono seduto da una qualche parte,
ad aspettare te.
(Walt 
Whitman)

Ph Larry Fink 

sabato 10 ottobre 2015

Un evento improvviso ....

[...] il tuono rimbombò di schianto:
rimbombò, rimbalzò, rotolò cupo,
e tacque, e poi rimareggiò rinfranto
e poi svanì.
(Myricae) G. Pascoli

Ph Jason Whitman 

venerdì 9 ottobre 2015

Mi piace ...

Mi è sempre piaciuto osservare, badare alle sfumature…
Mi piacciono le persone che “dicono qualcosa” e che sanno ascoltare, le persone che ragionano con la propria testa.
Mi piace il battito di ciglia o il sorgere leggero di un sorriso, la voce musicale.
Mi piace ascoltare buona musica, amo suonare, non potrei farne a meno, mi piace diventare cosa unica con ciò che suono, esplodere dentro.
José Saramago

Ph Jack Davison 

giovedì 8 ottobre 2015

Verresti?

«A me è successo questo: non sono riuscito a fare finta di niente, non volevo, in fondo. Non potevo far altro che cercare di portarti con me, dal profondo, per egoismo quasi, per farmi stare bene. Anche se sapevo di non potere. Anche se era rischioso. Anche se tu non vuoi, anche se, infine, la tua felicità non dipende da me.
E non posso fare a meno di chiedertelo di nuovo. Solo per essere sicuro.
Verresti?».
Italo Calvino, “Prima che tu dica pronto”

Ph Herbert List 

Obblighi e doveri

[....] «Dovrei, dovrei, dovrei»? Al diavolo tutto questo. Quello che dovresti essere, quello che dovresti fare, tutto questo, beh, uccide ogni cosa....


Philip Roth, “La macchia umana”



Ph Mimo Kahir 

Il vero amore ...

Il vero amore consiste nel volere che la persona amata sia com'è e non come ci farebbe comodo che fosse.
-Alberto Moravia-

Yves Trémorin – Les Amants Magnifiques, 1989

martedì 6 ottobre 2015

L'anima

"C'è uno spettacolo più grande del mare, il cielo; c'è uno spettacolo più grande del cielo, l'interno dell'anima"
I miserabili  - Victor Hugo

(dedicato a chi custodisce nei meandri della propria anima, il cielo, il mare, i profumi di una terra difficile da dimenticare)

Ph Franco Fontana
(Baia delle Zagare 1970)

lunedì 5 ottobre 2015

Sbranarsi ....


Ogni incontro di due esseri al mondo è uno sbranarsi. Vieni con me, io ho la conoscenza di questo male e sarai più sicura che con chiunque altro; perché io faccio del male come tutti lo fanno; ma, a differenza degli altri, io ho la mano sicura. 
(Il visconte dimezzato - Italo Calvino)
Ph Costantine Manos 

domenica 4 ottobre 2015

Il maestro

Sulle nostre strade incontriamo buoni maestri e cattivi maestri. I cattivi maestri riescono a modificare per sempre la tua vita (per esempio un “cattivo” insegnante di pianoforte mi ha fatto abbandonare lo studio ormai decennale che stavo facendo dello strumento; un altro cattivo maestro, bravissimo nel suo mestiere ma pessimo nei modi, mi ha fatto cambiare la strada che avrei voluto intraprendere. Alcune volte sarebbe meglio mantenere il sogno e non farsi guidare da maestri sbagliati...) 


Ph Alfred Eisenstaedt 

Ultimamente sono stata introdotta in un gruppo della mia classe di liceo su WhatsApp. Riesco poco ad interagire non avendo tutto il tempo che hanno loro di passare sul cellulare a chiacchierare. Ma ogni tanto mi ci fermo. Un giorno chiesi loro: ma dei nostri insegnanti chi potreste definire un “maestro” per voi? Quale dei nostri insegnanti vi è rimasto dentro? Mi è stato chiesto: che vuoi dire? Insomma nessuno ha saputo rispondere. Nessun insegnante è stato un “maestro” per loro, e ripensandoci neanche per me, a partire dalle elementari al liceo. Forse all’università la professoressa con la quale mi sono laureata avrei potuto definirla “un maestro” per la grande cultura e intelligenza e  per gli insegnamenti, ma lo è stata solo per la sua professione, ma per “maestro” io intendo maestro di vita e lei non lo è stata. 

Sono arrivata alla conclusione che non riesco a trovare i “maestri”, quelli che ti insegnano la vita, quelli che stai lì ad ascoltare a bocca aperta, quelli che ti aiutano, ti guidano …. Insomma quello di cui canta Paolo Conte: Il maestro è nell’anima e dentro l’anima per sempre resterà ….. Io forse i "Maestri" li cerco nei libri, nella musica, nell’arte, ma non basta, non è la stessa cosa, il contatto umano rimane sempre più importante ….  Mi sorge il dubbio... ma non esistono più queste figure o siamo noi che non le vogliamo cercare, in fondo le informazioni che ci servono le abbiamo tutte a portata di mano? No, io continuerò ad aspettare e cercare sempre "il maestro"! 



Il maestro è nell'anima
e dentro all'anima per sempre resterà
viva lei, bella e martire,
che tutto quel che le chiede gli darà
Niente di più seducente c'è
di un'orchestra eccitata e ninfomane
chiusa nel golfo mistico
che ribolle di tempesta e libertà
turbinando nel vortice
dove spariscono i paesi e le città
nel miraggio di quei semplici
e di quei soliti che arrivano fin là
per vederlo digerire
con la perfidia che scudiscia ogni viltà
il maestro è nell'anima
e dentro l'anima per sempre resterà.

venerdì 2 ottobre 2015

Gli incontri nel proprio cammino e l' Aura ....

Ho già avuto modo di scrivere su questo blog che spesso si incontrano persone nel corso delle propria vita, che in un modo o in un altro avranno un'influenza particolare sul proprio essere.
Aprile 1985, ero sul traghetto che portava da brindisi in Grecia insieme al mio gruppo scolastico. Apparentemente ero uguale a tutte, non (credo) appariscente, con finte Timberland, finti Levy’s, e un finto Kway (chi seguiva la moda di quegli anni può capire), ma avevo un groviglio nella testa difficile da districare, non mi fermavo mai con i pensieri (come sempre è stato nella mia vita). Durante le passeggiate sul ponte incontrai un uomo stravagante, sulla quarantina forse, pelle olivastra (per il sole), capelli lunghi raccolti, vestito in modo alternativo (camicia larga, pantaloni larghi di stoffa). Le sue mani erano tipiche di un artigiano, di chi lavora piccoli oggetti. Era una di quelle persone che faceva spola con l’India e il Medio-oriente alla ricerca di pietre per i suoi gioielli (almeno in parte e ufficialmente). Ci ritrovammo a parlare, due persone apparentemente distanti, ma in realtà non era così. Mi raccontava dei suoi viaggi in India, pieni di incontri mistici. Mi incantò con i suoi racconti, nonostante la mia “atavica” diffidenza nei confronti delle persone non conosciute, infatti parlai ben poco.

Una delle ultime cose che mi disse guardandomi negli occhi e prendendo la mia mano fu: Francesca, tu sei diversa, hai una testa complicata ma possiedi un’aura particolare, hai mille cose dentro di te. Ti auguro che potrai farne tesoro. Tieni questo orecchino, la pietra con cui è fatto ha una significato ben preciso, e portalo con te, come ricordo di quello strano uomo incontrato su un traghetto, per caso, nei suoi tanti viaggi.

Chissà che fine avrà fatto quell’uomo, di cui non ricordo neanche il nome, ma ricordo perfettamente il suo sguardo mentre mi diceva quelle ultime parole prima di lasciare la nave, parole che complicarono ulteriormente la mia anima già abbastanza “tempestosa”.

L’orecchino, nonostante i tanti traslochi è stato sempre con me, per ora è solo lontano dalla mia vista perché sepolto nei meandri della stanza di mia figlia, che naturalmente, per la sua particolarità, se ne è appropriata…..