Cinema amore mio


Questa pagina è dedicata al cinema, a film che mi hanno colpito, che mi son piaciuti o che mi hanno lasciato qualcosa.

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Mo' Better blues - Spike Lee 1990 

"Ho sempre ambito, nel caso in cui avessi avuto successo, a tentare di fare un ritratto più veritiero, al negativo e al positivo, degli afroamericani. Non credo che sia necessariamente veritiero, né d'altro canto ha grossa tensione drammatica, un mondo in cui la gente è buona o cattiva al 100%". (Spike Lee)





 Spike Lee è un regista che ha sempre avuto a cuore la condizioni degli afroamericani (vedi tra gli altri film quali Jungle fever e Malcom X), ambientando buona parte dei cortometraggi e film ad Harlem quartiere di Manhattan. Ma è riuscito ad uscire dagli stessi argomenti, come ad esempio il thriller Inside man con Denzel Washington. Ma la sua produzione è talmente vasta .....  Ha sempre difeso la condizione degli afroamericani senza retorica, cercando di essere obiettivo (anche se la sua condizione alcune volte non gli permette un'obiettività assoluta). Il primo film che ho visto è stato Fa' la cosa giusta, ed ho subito capito che è un genio. Nel raccontare le storie, ma anche la sua tecnica cinematografica, l'uso particolare delle inquadrature, la fotografia, insomma un grande, che è riuscito a farsi strada in un paese fondamentalmente razzista come l'America, nonostante una parte del Paese appoggia fortemente la cultura afromericana. 

Ho amato particolarmente Mo' Better blues, primo perché il protagonista è interpretato da uno degli attori che più amo, Denzel Washington, secondo per le ambientazioni, e poi il jazz insomma c'è tutto.
La trama poco conta in questo film, che è solamente la storia di un trombettista jazz a cui piacciono le donne (ama due donne contemporaneamente) e che suona magnificamente, degli ambienti dei locali Jazz, dei loschi figuri che li frequentano, compreso il suo manager (Spike Lee) perennemente squattrinato per colpa del gioco. Insomma si può immaginare facilmente quel che racconta. Il bello del film è il suo insieme. La bravura degli attori (tra cui anche Turturro e Brandford Marsalis che interpreta sé stesso), le ambientazioni, la colonna sonora (Fantastica!), la fotografia, la regia, le inquadrature (l'uso particolare delle "carrellate", la macchina da presa e l'attore si muovono insieme, come fosse una soggettiva ma con l'attore in vista) e il messaggio sottile sul e contro il razzismo ..... Consiglio a tutti di vedere questo film.

Ho trovato una scena in cui c'è un esempio di "carrellata", a me dà l'impressione che Washington si sia molto ispirato a Miles Davis ....



... e poi questo spezzone in cui suonano nel locale "Mo' better blues", grande pezzo! 



(Pubblicato il 23 dicembre 2015)


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Pane e Tulipani (Silvio Soldini 1999)


"Rosalba, da quando lei è partita la vita è una palude la notte mi tormenta e il giorno mi delude se ho fatto questo viaggio vi è un'unica cagione che lei torni ad illuminar la mia magione".


Rosalba, perfetta casalinga, mamma e moglie,  per una serie di vicissitudini, suo malgrado, si ritrova a Venezia. E qui si crea una nuova vita lontana dalla sua famiglia. Perché accade? perché incontra nel suo cammino persone di cuore e anima, al di fuori dello spazio e del tempo, che la accolgono in questo loro microcosmo. Ho scelto questa foto, momento in cui stanno facendo un pic nic su una delle isole veneziane tutti insieme, in una perfetta armonia accompagnata dal suono della fisarmonica che lei riprende a suonare. 
In questo film, oltre ai "veri" sentimenti, si ritrova anche una Venezia "vera", splendida, lontana dal flusso turistico. Io ho avuto modo, anche se per pochi giorni, di poter vivere Venezia non da turista ma da "dentro" e vi assicuro che è una città davvero affascinante. Come è affascinante la bottega di fiori di Fermo (un grande Felice Andreasi, come bravissimi uno per uno tutti gli attori), in cui lei trova lavoro e le parole di Fermo,"Le cose belle sono lente....bisogna imparare ad aspettare" racchiudono l'importanza di ritrovare il tempo, i valori di ogni piccola cosa, ed è per questo che ho deciso di prendere questo spezzone del film. Sarò fissata, ma ultimamente sento fortemente questa necessità di  ritrovare "hearth and soul people", e ritroverete questa forte necessità in questo blog varie volte, non ne posso fare a meno. 



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Il Sol dell'avvenire - Nanni Moretti 2023 


Giovanni è un regista che sta girando un film ambientato nell’Italia del 1956 il cui protagonista è Ennio redattore dell’Unità e segretario di quartiere del PCI che si trova a rivedere le proprie posizioni a causa dell’invasione sovietica in Ungheria, appoggiata dal Partito Comunista italiano ma non da un folto numero di tesserati, compresa la moglie, che si oppongono alla barbarie. Questa situazione mette in crisi il rapporto con la moglie trovandosi nel mezzo tra l’obbedienza nei confronti del partito con la conseguente perdita della moglie e la rivolta.

Situazione simile per il regista la cui vita familiare presenta conflitti e problematiche.

I due piani si intersecano, film e vita familiare, le proprie convinzioni sulla vita e quelle espresse nel film che sta girando.

Il film è pieno di “citazioni” dei suoi film precedenti, come ad esempio la scena in cui gira per le vie di Roma insieme al produttore su un monopattino ricorda la famosa Vespa di Caro Diario.

Ho trovato fantastica la scena finale in cui sfilano in Via de Fori Imperiali come in una marcia per la libertà i personaggi del film e quelli di tutti i suoi film, che un po’ mi ricorda la scena di Tre Piani in cui nel finale tutti i protagonisti si ritrovano di fronte al loro condominio mentre un gruppo di musicisti suona il tango seguiti da ballerini. Al cinema prima della proiezione del film Moretti ha detto che questa scena non era prevista e che l’avesse girata a parte per poi decidere di inserirla. Secondo me ha fatto benissimo.

Ho trovato forti similitudini con il film di Charlie Kaufaman del 2009 Synecdoche, New York, il cui protagonista è un regista teatrale, Philip Seymour Hoffman, il cui spettacolo che sta allestendo si presenta come lo specchio e lo scontro con le proprie realtà e i propri vissuti, mentre rielabora la sua intera esistenza.

Ambedue i film rappresentano una sineddoche, cioè quella figura retorica che rappresenta la parte per il tutto, come quando, ad esempio, diciamo uomo e intendiamo l’intera umanità.

Mia nota a margine, il film è pieno di canzoni, Think di Aretha Franklin, Lontano lontano di Luigi Tenco, La Canzone dell’amore perduto di De Andrè, Voglio vederti danzare di Battiato, e non avrei mai pensato che Moretti fosse tanto affascinato dalla canzone “Sono solo parole” di Noemi (azzeccatissima per la scena in cui è stata inserita)

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Synecdoche, New York (di Charlie Kaufaman 2009)



Una sineddoche è una figura retorica, è la parte per il tutto, quando ad esempio diciamo uomo e intendiamo l’intera umanità ….

Non è facile descrivere la trama di questo film, è solo da vedere, come da vedere è la bravura di Philip Seymour Offman (R.I.P.) 

Questa è la scena "Il Monologo del Prete" racchiude in parte il significato del film ....




Tutto è molto più complicato di quanto pensiate.
Voi riuscite a vedere solo un decimo della verità.
Ci sono milioni di piccole lacci legati ad ogni scelta che voi fate che possono distruggere la vostra vita, ogni volta che scegliete.
Ma probabilmente per 20 anni voi non lo saprete e magari non riuscirete mai a risalire alla causa.
E avete un'unico modo per proseguire ed è cercare di capire i motivi del vostro divorzio.
E in quel momento qualcuno vi dirà che non esiste il destino, e invece esiste eccome, è ciò che voi create
E anche se il mondo va avanti per millenni voi siete qui giusto per la frazione di una frazione di secondo.
Gran parte del vostro tempo la trascorrete da morti, o non ancora nati, e poi mentre siete vivi, aspettate invano, sprecando anni in attesa di una telefonata, di una lettera o di uno sguardo da parte di qualcuno o di qualcosa che sistemi le cose, ma che non arriverà mai, o che sembra che arrivi, ma non ancora.
E quindi buttate via il vostro tempo in un vago rammarico o una vana speranza che qualcosa di buono arriverà, qualcosa che vi faccia sentire meno soli, che vi faccia sentire amati.
E la verità è che io mi sento così arrabbiato, la verità è che mi sento così fottutamente triste, e la verità è che io mi sono sentito così fottutamente male per tutto quello che ho sbagliato, e per tutto questo tempo io ho fatto finta che tutto invece andasse bene, solo per andare avanti e non so il perché. 
Forse perché nessuno voleva ascoltare la mia sofferenza, perché ognuno aveva la propria.
Fanculo tutti.
Amen

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Il Sale della Terra – (Co-diretto da Wim Wenders e Juliano Ribeiro Salgado 2014)



A lui importa davvero della gente. La gente è il sale della Terra”.



Sebastião Salgado ha esplorato e fotografato le genti e i luoghi di ventisei Paesi e concentrato il mondo in immagini in black&white . In questo documentario Salgado racconta a Wenders attraverso i suoi reportages (molti dei quali ripresi dal figlio stesso) i luoghi da lui fotografati ritraendo la bellezza del pianeta e gli orrori che hanno colpito molti dei Paesi ritratti. Salgado ha raccontato l'avidità di milioni di ricercatori d'oro brasiliani sprofondati nella più grande miniera a cielo aperto del mondo, ha denunciato i genocidi dei Balcani e africani, la profonda ferita del Rwanda, le migrazioni di massa, ha immortalato i pozzi di petrolio incendiati in Medio Oriente, il mondo industriale dismesso, a ritratto il cuore del Rio delle Amazzoni, il Pantal in Brasile, le tribù indiane, i Wrangel Island in Siberia, i Papoos di Irian Jaya, il Congo, l'Indonesia e la Nuova Guinea, i ghiacciai dell'Antartide e i deserti dell'Africa, le montagne dell'America e del Cile.
Ma la caratteristica principale di quest’uomo è la sua grande umanità, un anima rara. Entra nel mondo che fotografa con tutto sé stesso, si immerge totalmente nella natura per farne parte, entra “nelle scarpe” di ogni singolo uomo che ritrae, sale e scende accanto ai minatori nelle miniere d’oro, non li fotografa semplicemente dall’alto, cammina insieme e accanto a coloro che scappano dalla guerra e dalla fame, provando egli stesso la fame e la guerra sulla sua pelle, rendendo estremamente “potente” ogni singolo scatto.
Ma il suo amore per la natura è il miracolo che insieme alla moglie hanno fatto. Nel 1997 aveva ereditato la Fazenda di famiglia a Minas Gerais, che era diventata ormai una terra quasi desertica, priva di acqua e animali, per colpa di un disboscamento incontrollato. Salgado e Lélia, sua moglie, hanno voluto recuperare quella terra, piantando ad uno ad uno 300 tipi di vegetali restituendo la vita alla Mata Atlantica. Si è ricreato un microclima che ha riportato le piogge, di conseguenza gli animali e quindi la vita.


Una persona splendida, un'anima grande e rara ... "Una foto non parla solo di chi è ritratto, ma anche di chi la ritrae" dice nel film ... solo chi è capace ad entrare nella sofferenza degli altri riesce a rappresentarla e a interpretarla nel modo migliore e assoluto.

Ho trovato questa clip dal film, in cui Salgado racconta di come ha "fotografato" la balena...




Fin dai tempi dell’analogico, […] gli azzurri e i rossi li trovavo talmente belli che diventavano più importanti delle emozioni contenute nella foto. Mentre col bianco e nero e tutta la gamma dei grigi posso concentrarmi sull’intensità delle persone, sui loro atteggiamenti, sui loro sguardi, senza che siano disturbati dal colore. Certo, nella realtà niente è in bianco e nero. Ma quando guardiamo un’immagine in bianco e nero, questa entra a far parte di noi, la assimiliamo e inconsciamente la coloriamo. Penso che il potere del bianco e nero sia davvero straordinario e per questo l’ho utilizzato senza alcuna esitazione per rendere omaggio alla natura: fotografarla così era per me il modo migliore di mostrare la sua personalità, far emergere la sua dignità. Bisogna sentire la natura, bisogna amarla e rispettarla per poterla fotografare, come per le persone e gli animali. E tutto questo per me è veicolato dal bianco e nero; mi piace, è una mia scelta, ma è anche il mio impedimento e a volte la mia difficoltà.
Sebastião Salgado con Isabelle Francq - Dalla mia terra alla terra

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Her - Spike Jonze 2013

Lei (Her) è un film del 2013 scritto e diretto da Spike Jonze, con protagonista Joaquin Phoenix, che si è aggiudicato il premio Oscar per la miglior sceneggiatura originale.




Questo film racconta quel che potrebbe accadere in un futuro neanche troppo futuribile. Per noi che abbiamo vissuto a cavallo tra gli anni 60/70 e i nostri giorni è difficile riuscire a comprendere a pieno i cambiamenti di un mondo a causa degli sviluppi che la tecnologia impone. Ormai tutto è digitalizzato. Si comunica quasi esclusivamente in modo virtuale.

Questo film rappresenta in un certo modo questa evoluzione, ma non solo, rappresenta anche le difficoltà emotive che potrebbero accadere in questo nuovo mondo. Mondo in cui prevale quasi esclusivamente l’assenza, e come scrive Roberto Cotroneo in un suo articolo “Era difficile raccontare in un film l’assenza. […] E invece Spike Jonze lo ha fatto, ha mostrato l’assenza. […] L’assenza, e non la solitudine. L’assenza non ti lascia solo. Non è qualcosa che manca, è qualcosa che non c’è.”

Il protagonista e la protagonista, che in realtà è assente, è solo una voce virtuale di un sistema operativo creato per il supporto segretariale alle persone, instaurano un rapporto talmente stretto fino ad arrivare ad innamorarsi. Ma lei non esiste, anche se in realtà intrattiene rapporti e conversazioni con altri “esseri” del mondo virtuale. Sono due mondi paralleli, lui nella vita di tutti giorni del mondo reale, fatto di città, campagna, sole, mare… e lei nella vita virtuale, fatta di rapporti continui e ininterrotti, senza spazio e tempo, che si incontrano, ma che spesso non si capiscono.

Sembra una contraddizione ma il mestiere di lui è quello di scrivere lettere d’amore per altri che non sanno farlo, che non sanno esprimere le proprie emozioni. Ora che le lettere d’amore non le scrive quasi più nessuno, ora che si comunica con messaggi veloci e brevi, quasi privi di emozioni profonde. Quindi proprio colui che fa un mestiere che potremmo definire quasi “antico”, si ritrova con tutte le scarpe in una storia virtuale (ma raccontata talmente bene che quasi non si potrebbe definire tale) trasportata nel futuro, ma che nonostante sia virtuale provoca delle emozioni fortissime e profonde al protagonista e anche a “her”.

E’ diventato così difficile instaurare rapporti “umani” con le persone oggi, forse è più facile mantenere rapporti virtuali? Credo proprio di sì, nel rapporto umano “si mette la propria faccia”, si espongono le vere emozioni anche con soli piccoli dettagli visivi, sono visibili anche i soli silenzi, è più difficile chiedere scusa; con il virtuale si può sempre non rispondere, si è in pace con sé stessi, ci si può non esporre e chiudere rapporti con il solo silenzio, si può tranquillamente (per chi non possiede una spiccata sensibilità, a differenza del protagonista di questo film) vivere una doppia vita. 

L'ultima lettera di Theo a Catherine

"Cara Catherine, sono stato qui a pensare a tutte le cose per cui ti vorrei chiedere scusa. A tutto il dolore che ci siamo inflitti a vicenda. A tutte le cose di cui ti ho incolpato. A tutto ciò che volevo tu fossi e dicessi. Mi dispiace per tutto ciò. Ti amerò sempre perché insieme siamo cresciuti. E mi hai aiutato a farmi diventare così. Voglio solo che tu sappia...che dei frammenti di te resteranno per sempre in me. E di questo te ne sono grato. Qualsiasi cosa tu sia diventata e ovunque tu ti trovi nel mondo, ti mando il mio amore. Sarai mia amica per sempre. Con affetto, Theodore".

“- Samantha ma con quante persone parli mentre parli con me?
- 8316.
- E di quanti di questi ti sei innamorata?
- 641. Ma questo non danneggia l'amore che provo per te.” 
(Samantha)

"Lo sai io riesco a sentire la paura che hai dentro...e vorrei poter fare qualcosa perché te ne liberassi perché se lo facessi non ti sentiresti più così solo". (Samantha)

"Sì sai, certe volte guardo le persone e cerco di sentirle e non di guardarle e basta solo perché mi stanno davanti. Immagino quanto profondamente si siano innamorate o quante volte gli abbiano spezzato il cuore..." (Theodore)

"Non so quello che voglio, non lo so mai. Sono sempre confuso e... Lei ha ragione, non faccio che ferire e confondere chi mi sta intorno."

“Sai certe volte penso di aver già provato tutti i sentimenti che potessi provare e che d'ora in poi non proverò più niente di nuovo, ma solo versioni inferiori di quello che ho già provato.” (Theodore)


“Il passato è solo una storia che raccontiamo a noi stessi.” (Samantha)

“E come se io stessi leggendo un libro... E' un libro che adoro immensamente. Ma che leggo così velocemente che le sue parole sono distanti e lo spazio tra di esse è quasi infinito.
Riesco ancora a sentirti e le parole della nostra storia. Ma io adesso mi trovo in questo infinito spazio tra le parole. E' un posto che non appartiene al mondo fisico. E' dove esiste ogni cosa, che non sapevo neanche esistesse. Ti amo tantissimo. Ma è qui che adesso mi trovo. E questo è ciò che sono adesso.
Ho bisogno che tu mi lasci andare. Non importa quanto io lo desideri ma non posso più vivere nel tuo libro.” 
(Samantha)


Non è una cosa sola

Innamorarsi è da pazzi

Come si fa a condividere la vita?

(pubblicato il 16 marzo 2016)

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E’ un film poetico, pieno di emozioni profonde e dolorose. Brutti, sporchi e cattivi - Ettore Scola 1976




Dopo la morte di Scola si sono susseguiti una serie di servizi, interviste, programmazione di suoi film. L'altra sera hanno riprogrammato una intervista di PIF al maestro, intervallata da spezzoni di film, tra questi questa clip del film "Brutti, sporchi e cattivi", in cui viene raccontata la misera periferia romana. Lo ammetto io non ho visto il film per intero, ma credo che questo piano sequenza possa essere definito uno dei più belli della storia del cinema  italiano, scuola per chiunque voglia intraprendere il mestiere di regista (ma anche per chi lo è già da tempo). Vera lezione di regia da un maestro come Scola, non è facile dirigere tanti attori messi insieme in un unico piano sequenza. In questa intervista Scola raccontò che Pasolini lo aveva seguito mentre stava girando il film e gli aveva promesso di farne una prefazione, quello "dell'accattone" era un tema a lui caro. Ma Pasolini non ebbe la possibilità di farlo, purtroppo, proprio mentre stavano girando il film Pasolini venne ucciso, oltretutto, ironia della sorte, a poca distanza dal set. 

Questa scena è la presentazione da parte di Manfredi della sua famiglia 
in unico piano sequenza....


(pubblicato il 21 febbraio 2016)

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Basilicata Coast to coast - Rocco Papaleo 2010

Ho visto questo film appena uscito e mi sono divertita un mondo. Ma una delle cose che ho preferito del film sono stati i luoghi.



E' un gruppo di musicisti, non di mestiere, che partono da un luogo della Basilicata sul Tirreno e l'attraversano a piedi, con un carretto e accompagnati da un cavallo, per andare sulla costa ionica ad un festival musicale per cantare il loro pezzo. Quattro figure diverse che hanno un po' fallito nelle loro vite private ma che continuano a inseguire i propri sogni, le proprie passioni e a godere della loro terra. La Basilicata, una terra dimenticata che invece ha dei panorami mozzafiato e Papaleo ha saputo farne vedere ogni aspetto. Ognuno dei personaggi rappresenta uno stereotipo e assomigliano, in realtà, un po' a loro stessi. In qualcosa mi ricorda il libro "Il paese dei coppoloni" di Capossela, secondo me, perché anche lì il protagonista del libro, mosso dalla musica, percorre luoghi molto vicini alla Basilicata incontrando gente, usi e costumi di ogni luogo. Inutile dire che la colonna sonora non poteva non essere particolare, considerata anche la cultura musicale di Rocco Papaleo.
  

Rocco Papaleo nella vita è anche un musicista, si muove nell'ambito del Jazz, infatti questo film ha una bella colonna sonora, non poteva essere altrimenti considerato che racconta il viaggio di musicisti. La sound track, composta da Rita Marcotulli, ha vinto il David di Donatello oltre ad altri premi, al disco hanno collaborato Fabrizio Bosso, Roberto Gatto, Enzo Pietropaoli e gli stessi attori del film.
Oggi nei miei viaggi nel web mi sono ritrovata questo video ....

Maria Teresa




(pubblicato il 28 novembre 2015, 25 aprile 2016)


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Pina - Wim Wenders - 2011

"Certe cose si possono dire con le parole, altre con i movimenti.
Ma ci sono anche dei momenti in cui si rimane senza parole, completamente perduti e disorientati, e non si sa più che cosa fare.
A questo punto incomincia la danza".
-- Pina Bausch

Una piccola meraviglia tratta dal bellissimo documentario girato da Wim Venders su Pina Bausch. 
La coreografia montata dal ballerino Lutz Förster della compagnia della Bausch sulle note di Leãozinho di Caetano Veloso. Dura poco ma è un pezzo splendido di cinema, danza e musica ....




Oggi ho trovato questo altro stralcio tratto dal film.



(pubblicato il 4 settembre 2015, 30 giugno 2017

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Radiofreccia - Luciano Ligabue 1998

Quante volte ve lo devo dire! La vita non è perfetta, le vite nei film sono perfette, belle o brutte, ma perfette, nei film non ci sono tempi morti, la vita è piena di tempi morti, nei film sai sempre come va a finire, nella vita non lo sai mai!

foto web

Quando è uscito a me piacque molto questo film perché era un po’ come se raccontasse in parte la mia vita e di chi mi circondava. Grazie anche alla colonna sonora che racchiude il meglio della musica degli anni ’70. Certo per me il periodo rappresentato era relativo a qualche anno dopo, i primi anni ’80, mentre questo film è ambientato nel ’75, ma le situazioni erano le stesse. Il Paese, la noia, la radio libera, il gruppo di amici, i “soggetti” filosofi matti o finti matti che girano nel paese, la droga, questa era la vita vissuta da parte di chi viveva in provincia. Ed è per questo che mi ci sono ritrovata molto.

Il piano sequenza iniziale con la scena del funerale accompagnato da un pezzo di Elvis Presley, Can’t help Falling in love, suonato dalla banda vale tutto il film. Questa sequenza la preferisco al famoso monologo del “Credo ..” recitato da Stefano Accorsi (Freccia), ormai tanto inflazionato, che secondo me non è neanche uno dei suoi migliori …

Mi piace il personaggio di Bruno (Luciano Federico) e il suo sogno. E’ lui che fonda Radio Raptus, è lui che capisce che le radio “libere ma libere veramente” fanno fatica a sopravvivere, è lui che capisce che quando si lotta per un sogno si è soli, perché gli altri son sempre pronti, ma poi al dunque si tirano sempre indietro lasciandoti seduto per terra. Ma anche lui, in parte, si arrende.

Non vorrei soffermarmi su Freccia, sul disagio, sulla droga, sulle crisi di astinenza, sono stata spettatrice diretta di questo mondo e per questo decido di non parlarne. E’ un mondo duro, spietato, feroce, non guarda in faccia a nessuno, l’ago che si infila nella carne è solo l’ultimo dei dolori causati dalla “droga” . Solo una cosa, come succede a Freccia, non si esce mai veramente dalla droga anche quando si pensa: io ormai sono fuori e riesco a controllarmi, che vuoi che sia un'altra volta …..

Non sono riuscita a trovare su youtube la scena iniziale, quella del funerale, che, in parte, però è racchiuso nel video che ho inserito qui di seguito! Non intendo inserire la scena del “credo …” vista e utilizzata troppe volte, anche se ne pubblicherò il testo del monologo esclusivamente per la frase: “Credo che non è giusto giudicare la vita degli altri, perché comunque non puoi sapere proprio un cazzo della vita degli altri”.


- Bruno: Io non lo so com'era avere 18-20 anni negli anni 50 o 60... So cosa vuol dire per me e per tanti altri averli adesso... Questo 1976 è un gran casino; c'è un gran movimento in giro, non so dire se è bello o brutto; però è veloce. Ci sono le bombe, c'è il movimento studentesco, ci sono le radio libere, ci sono i genitori che sempre di più sono come tu giudica non saranno mai, ci sono le utopie, le religioni, e ci sono appunto quelli che non si lasciano stare...
- Freccia: vuoi dire che tocca a me?
- Bruno: Secondo me si... Vi sono in buchi in mezzo a tutto questo; c'è il nostro bisogno di saperne di più! Stiamo viaggiando senza cartina... o con una cartina illeggibile... Beh secondo me è arrivato il momento che questa cartina ce la facciamo noi! E una volta fatta la facciamo circolare! 


Quante volte ve lo devo dire! La vita non è perfetta, le vite nei film sono perfette, belle o brutte, ma perfette, nei film non ci sono tempi morti, la vita è piena di tempi morti, nei film sai sempre come va a finire, nella vita non lo sai mai! 


Credo nelle rovesciate di Bonimba, e nei riff di Keith Richards. Credo al doppio suono di campanello del padrone di casa, che viene a prendere l'affitto ogni primo del mese. Credo che ognuno di noi si meriterebbe di avere una madre e un padre che siano decenti con lui almeno finché non si sta in piedi. Credo che un'Inter come quella di Corso, Mazzola e Suarez non ci sarà mai più, ma non è detto che non ce ne saranno altre belle in maniera diversa. Credo che non sia tutto qua, però prima di credere in qualcos'altro bisogna fare i conti con quello che c'è qua, e allora mi sa che crederò prima o poi in qualche Dio. Credo che se mai avrò una famiglia sarà dura tirare avanti con trecento mila al mese, però credo anche che se non leccherò culi come fa il mio caporeparto difficilmente cambieranno le cose. Credo che c'ho un buco grosso dentro, ma anche che, il rock n'roll, qualche amichetta, il calcio, qualche soddisfazione sul lavoro, le stronzate con gli amici ogni tanto questo buco me lo riempiono. Credo che la voglia di scappare da un paese con ventimila abitanti vuol dire che hai voglia di scappare da te stesso, e credo che da te non ci scappi neanche se sei Eddie Merckx. Credo che non è giusto giudicare la vita degli altri, perché comunque non puoi sapere proprio un cazzo della vita degli altri. 


Invece le canzoni non ti tradiscono, anche chi le fa può tradirti, ma le canzoni, le tue canzoni, quelle che per te hanno voluto dire qualcosa, le trovi sempre lì, quando tu vuoi trovarle, intatte; non importa se cambierà chi le ha cantate. Se volete sapere la mia, delle canzoni, delle vostre canzoni, vi potete fidare. 

Te stai dentro che qua fuori è un brutto mondo!

Naturalmente inserirò “Ho perso le parole”, perché ritengo che nella vasta produzione di Ligabue sia una delle più belle soprattutto perfetta per questo film …. 


Ho perso le parole
eppure ce le avevo qua un attimo fa,
dovevo dire cose
cose che sai,
che ti dovevo
che ti dovrei.

Ho perso le parole
può darsi che abbia perso solo le mie bugie,
si son nascoste bene
forse però,
semplicemente
non eran mie.

Credi
credici un po'
metti insieme un cuore e prova a sentire e dopo
credi
credici un po' di più di più davvero.

Ho perso le parole
e vorrei che ti bastasse solo quello che ho,
io mi farò capire
anche da te,
se ascolti ben se ascolti un po'. 

Sei bella che fai male
sei bella che si balla solo come vuoi tu
non servono parole
so che lo sai
le mie parole non servon più. 

Ho perso le parole
oppure sono loro che perdono me,
io so che dovrei dire
cose che sai,
che ti dovevo, che ti dovrei.

Ma ho perso le parole
Vorrei che mi bastasse solo quello che ho,
mi posso far capire
anche da te,
se ascolti bene
se ascolti un po'.

(Pubblicato il 21 ottobre 2015)

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Lisbon Story (Wim Wenders 1994)


“Se mi sveglio, addormentami.”


Ho vissuto per un piccolo periodo della mia vita a Lisbona. E' stato un periodo indimenticabile e mi è rimasta nel cuore. Ci sono stata un decennio e qualcosa in più dopo la "Rivoluzione dei garofani", la città nonostante fosse passato un po' di tempo portava ancora i segni e le abitudini di quando c'era la dittatura. Ci sono ritornata qualche anno fa. Il fascino rimane sempre lo stesso. Lisbona è splendida, affascinante, ci tornerei ancora ed ancora. Ne ho letti molti di libri ambientati a Lisbona, famosi e meno famosi, e sono arrivata alla conclusione che solo chi ci è vissuto riesce "a respirare gli umori, odori e sapori" della città in ogni parola di quelle pagine .....

Pessoa la descrive così: 
"Si estende su sette colli – altrettanti punti di osservazione dai quali si possono godere i panorami più splendidi – il vasto, irregolare e multicolore insieme di edifici che forma Lisbona.
Per il viaggiatore che vi giunga dal mare, Lisbona, anche vista in lontananza, sorge come una bella visione di sogno, stagliata contro un cielo azzurro e splendente che il sole allieta col suo oro. E le cupole, i monumenti, gli antichi castelli appena al di sopra di edifici, sono come lontani araldi di quel luogo delizioso, di quella regione benedetta". 

Wim Wenders era stato chiamato per girare un documentario su Lisbona, dal documentario ne nacque un film. La capacità di Wim Wenders di riuscire a raccontare le anime delle città è risaputo (ad esempio Il cielo sopra Berlino), e naturalmente Lisbon Story ne è la piena dimostrazione. 
Un tecnico del suono, Philip, viene chiamato, da un suo amico regista, a Lisbona per aiutarlo a finire un film che stava girando. Arrivato a Lisbona non trova il suo amico Friedrich, ma nella sua casa trova del materiale che aveva girato e comincia a lavorarci. Comincia a girare per la città per cercare e registrare suoni. 


E come dice Philip: 
"Le immagini non sono più quelle di un tempo. Impossibili fidarsi di loro, lo sappiamo tutti, lo sai anche tu. Mentre noi crescevamo le immagini erano narratrici di storie e rivelatrici di cose. Ora sono tutte in vendita, con le loro storie e la loro prose. Sono cambiate sotto i nostri occhi, non sanno più come dimostrare nulla, hanno dimenticato tutto, le immagini vengono svendute aldilà del mondo Winter e con grossi sconti!"

La splendida colonna sonora è affidata ai Madredeus (ho scelto la scena del film dove cantano "Guitarra".





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The Commitments (Alan Parker 1991)


"Certo che potevamo diventare famosi e vendere milioni di dischi ma quella sarebbe stata una cosa banale, così invece è poesia!"

Il film è tratto dal romanzo scritto nel 1987 da Roddy Doyle e racconta di un gruppo di giovani squattrinati che decidono di creare un gruppo musicale soul nella parte nord di Dublino (Gli Irlandesi sono i più negri d'Europa, i Dublinesi sono i più negri di Irlanda e noi di periferia siamo i più negri di Dublino, quindi ripetete con me ad alta voce: "Sono un negro e me ne vanto!).
Il film è travolgente! racconta perfettamente la realtà dublinese , ma non solo, è la storia di tutti i ragazzi che decidono di creare un gruppo, c'è chi ce la mette tutta e chi se ne frega, c'è chi ci crede di più, chi ci crede di meno, si litiga per i pezzi, si litiga per le donne, si ride, si festeggia, ci si incazza e alla fine il gruppo si scioglie. Mi ricorda tanti gruppi nati, sorti, risorti e poi sciolti definitivamente. Mi chiedo solo come si fa dopo aver condiviso emozioni, gioie, dolori e speranze si possa poi divenire così estranei nella vita. 

Su youtube ho trovato solo questa scena del film ed è la parte delle audizioni .....



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I Love radio Rock (Richard Curtis, 2009)

"dove stiamo andando? Esattamente dove dobbiamo andare"




Questo film deve essere visto da chiunque ami la radio, i vinili, il rock! Philip Seymour Offman (R.I.P.) è grandioso, la colonna sonora importante, gli anni '60 incombono! Ho scelto una scena, sulle note di Father and son di Cat Stevens, in cui uno dei personaggi cerca di salvare i vinili nonostante la nave stia affondando ....La nave affonda ... prendi tutte le ultime forze che hai per salvare gli ultimi vinili e la tua anima, ciò che più importante ti rimane...




Oggi ho avuto la fortuna di rivedere questo film. Continuo a pensare che chi ama la radio, la musica, i sentimenti che si creano in un gruppo di persone che lavorano insieme (un lavoro che amano fino a non voler abbandonare la nave che affonda) e che condividono buona parte del loro tempo a stretto contatto, troverebbe in questo film la propria espressione. Ho deciso di inserire un altro spezzone del film, il monologo finale del "Conte" mentre la nave sta affondando ...

"Cari ascoltatori, vi dico solo questo: che Dio vi benedica! Quanto a voi bastardi al potere, non sperate che sia finita! Anni che vanno, anni che vengono e i politici non faranno mai un cazzo per rendere il mondo un posto migliore! Ma ovunque nel mondo, ragazzi e ragazze avranno sempre i loro sogni e tradurranno quei sogni in canzoni...
Non muore niente di importante questa notte! Solo 4 brutti ceffi su una nave di merda! L'unico dispiacere stanotte è che negli anni futuri ci saranno tante fantastiche canzoni, che non sarà nostro privilegio trasmettere ma, credete a me, saranno comunque scritte! E saranno comunque cantate! E saranno comunque la meraviglia del mondo!"




(aggiornato il 20 febbraio 2016)

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Beautiful Boy - Felix Van Groeningen (2018)

Più di tutto ….. 


È un film che racconta una storia vera basato sui libri Beautiful Boy: A Father's Journey Through His Son's Addiction di David Sheff e Tweak: Growing Up on Methamphetamine di suo figlio Nic Sheff.

su un padre e un figlio …

sull’amore che può provare un padre e sulla fragilità di un figlio …

su quanto i figli abbiano paura di deludere i propri padri

su quanto ai padri, per quanto possano essere presenti, sfugga quel buco nero nascosto nelle anime dei propri figli

su quanto un padre per salvare il proprio figlio prova su se stesso la "Crystal meth"  (una forma più pura di anfetamina che è un potente stimolante e riduce l'appetito, aumentando invece la capacità di rimanere svegli) per capire gli effetti che avesse su di lui

sulla droga e su quanto l'uso abituale di questa droga provoca effetti irreversibili sulle cellule cerebrali, soprattutto quelle produttrici di dopamina, che vengono danneggiate gravemente e distrugga, non solo le cellule del cervello, ma anche i legami

sulla droga che rende bugiardi, non sono nei confronti degli altri ma anche a sé stessi

su quando si dice: qual è il mio problema? Non lo vedete? Il mio problema è che sono un alcolizzato ed un drogato …. E ti rispondono: no questi sono effetti, non sono la causa del tuo problema che è dentro di te e ti corrode ….

su quanto alcuni riescano a superare con grande fatica quel “buco nero” che li logora e su quanti per superare quel buco nero si affidano ad un ago e ad una sostanza che li faccia “evadere” dalla cruda realtà.

È un film che tocca profondamente (io ho pianto molto, immedesimandomi sia nel padre che nel figlio, e non me ne vergogno), grazie al metodo narrativo del regista e alla bravura dei due attori. Tra le frasi finale nei titoli di coda c’è un dato che fa riflettere, si legge che in America il 50% dei decessi prima dei cinquanta anni è dovuto a overdose da stupefacenti.

Questo film ti mette davvero alla prova. Ma sono i due protagonisti che, grazie alle loro performance straordinarie e viscerali, rendono questo film davvero una chicca rara. […] E Carell ci fa sentire il dolore di un genitore spinto quasi alla rassegnazione. È un film duro, dolorosamente tenero che si rifiuta di giocare su false speranze o sentimenti smielosi. Quell’estrema vocazione alla verità è ciò che rende Beautiful Boy difficile da guardare e impossibile da dimenticare. (recensione su Rolling Stones)

“Nic ha fatto uso di droghe, a fasi alterne, per oltre un decennio, e in quegli anni credo di avere sentito, pensato e fatto quasi tutto quello che un genitore può sentire, pensare e fare.”
David Sheff ― Beautiful Boy: A Father's Journey Through His Son's Addiction
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Into the wild (Sean Penn 2007)


''Dio ha messo la felicità dappertutto e ovunque, in tutto ciò di cui possiamo fare esperienza, abbiamo solo bisogno di cambiare il modo di vedere le cose" ..





Nelle terre selvagge «Into the Wild» è la storia vera  di un ventenne in fuga da un futuro segnato dal passato del padre, verso una frontiera che sfocia nel nulla. si era volontariamente ritirato a vivere in un parco naturale dell'Alaska, per vivere in totale sintonia con la natura .... quella natura stessa che poi lo uccise. 

La colonna sonora del film è composta da musiche e canzoni originali di Eddie Vedder.

Ne pubblico la scena del "mare",  come metafora della vita, citando le parole di Primo Levi.

Il mare non fa mai doni se non duri colpi e qualche volta un'occasione di sentirsi forti, ora io non so molto del mare ma so che qui è così e quanto importi nella vita non già di essere forti ma di sentirsi forti, di essersi misurati almeno una volta, di essersi trovati almeno una volta nella condizione umana più antica, soli davanti alla pietra cieca e sorda senza altri aiuti che le proprie mani e la propria testa. 



Aggiungo il discorso sulla felicità ...

Ho vissuto molto, e ora credo di aver trovato cosa occorra per essere felici: una vita tranquilla, appartata, in campagna. Con la possibilità di essere utile alle persone che si lasciano aiutare, e che non sono abituate a ricevere. E un lavoro che si spera possa essere di una qualche utilità; e poi riposo, natura, libri, musica, amore per il prossimo. Questa è la mia idea di felicità. [...]




La felicità è reale solo quando è condivisa ....


"C'è tanta gente infelice che tuttavia non prende l'iniziativa di cambiare la propria situazione perché è condizionata dalla sicurezza, dal conformismo, dal tradizionalismo, tutte cose che sembrano assicurare la pace dello spirito, ma in realtà per l'animo avventuroso di un uomo non esiste nulla di più devastante di un futuro certo. Il vero nucleo dello spirito vitale di una persona è la passione per l'avventura. La gioia di vivere deriva dall'incontro con nuove esperienze, e quindi non esiste gioia più grande dell'avere un orizzonte in costante cambiamento, del trovarsi ogni giorno sotto un sole nuovo e diverso... Non dobbiamo che trovare il coraggio di rivoltarci contro lo stile di vita abituale e buttarci in un'esistenza non convenzionale..."
Christopher McCandless


C'è un piacere nei boschi senza sentieri,
C'è un'estasi sulla spiaggia desolata,
C'è vita, laddove nessuno s'intromette,
Accanto al mar profondo, e alla musica del suo sciabordare:
Non è ch'io ami di meno l'uomo, ma la Natura di più.
cit. George Gordon Byron



"Ci sono persone convinte di non meritare l'amore. Loro si allontanano in silenzio dentro spazi vuoti, cercando di chiudere le brecce al passato."
Christopher McCandless


"Ho letto da qualche parte che nella vita importa non già di essere forti, ma di sentirsi forti. Di essersi misurati almeno una volta, di essersi trovati almeno una volta nella condizione umana più antica, soli davanti alla pietra cieca e sorda, senza altri aiuti che le proprie mani, e la propria testa."

(new add on 7/2/16, 20/5/, 1/7/16, 26/5/17)

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La meglio gioventù - Marco Tullio Giordana 2003


… è l'Italia che hanno fatto i nostri padri, mi creda” e Nicola ribatte “no, mio padre no, mi creda anche lei...”.



Ritengo “La  Meglio gioventù” (vincitore a Cannes 2003 nella prestigiosa sezione "Un certain regard")  uno dei film più belli della storia del cinema italiano. Sei ore di film in cui Marco Tullio Giordana racconta 20  anni della nostra storia, dall’alluvione di Firenze a tangentopoli , affrontando temi come il ’68, il terrorismo, la crisi della Fiat, la politica italiana di quei periodi. Le storie dei personaggi che toccano la malattia mentale, l’omosessualità, la depressione, il suicidio, il lavoro, la carriera. Un film commovente, attori bravissimi. Film da vedere e rivedere per capire le origini e le radici dei nostri tempi attuali. Mi è piaciuto perché tutti i personaggi del film hanno un forte ideale, giusto o sbagliato che sia, che li muove. E’ difficile trovare ora giovani e adulti mossi dal fuoco degli “ideali”. Non ne abbiamo più. Non riusciamo più a trovarne nei leader, nei personaggi che hanno un ruolo determinante nel mondo, nella politica, nella lotta, ho l’impressione che sia tutto mosso da mode decise dai social, trovate forse anche pubblicitarie, che muovono tutti noi come burattini, con valori sintetici ed effimeri. Forse è più facile così, ci si sporca meno le mani …..


"Lei ha una qualche ambizione?
Ma... Non...
E Allora vada via... Se ne vada dall'Italia. Lasci l'Italia finché è in tempo. Cosa vuole fare, il chirurgo?
Non lo so, non ho ancora deciso...
Qualsiasi cosa decida, vada a studiare a Londra, a Parigi... Vada in America, se ha le possibilità, ma lasci questo Paese. L'Italia è un Paese da distruggere: un posto bello e inutile, destinato  a morire.
Cioè, secondo lei tra poco ci sarà un'apocalisse?
E magari ci fosse, almeno saremmo tutti costretti a ricostruire... Invece qui rimane tutto immobile, uguale, in mano ai dinosauri. Dia retta, vada via...
E lei, allora, professore, perché rimane?
Come perché?!? Mio caro, io sono uno dei dinosauri da distruggere!"




…Ora dicono che vogliono cambiare il mondo. Mi creda, dottore, non sta succedendo niente. È tutto finto...

(pubblicato il 10 settembre 2015)
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La grande Bellezza (Paolo Sorrentino 2013)


“È tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore, il silenzio e il sentimento, l'emozione e la paura… Gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza. E poi lo squallore disgraziato e l'uomo miserabile."




E’ un film che non è piaciuto a buona parte della critica e a buona parte del pubblico, io invece l’ho trovato un bel film, che io definisco dissacrante. Ne escono tutti sconfitti, i buoni e i cattivi.
Cosa mi è piaciuto di questo film? Innanzitutto la fotografia, gli scorci di una Roma quasi sconosciuta (a volte facevo difficoltà anche io a capire quale era la “Roma” di quelle immagini), la bellezza ….. E’ un film da vedere sul grande schermo, il piccolo schermo non riesce a esprimere bene tutte le immagini.


E poi la descrizione dei caratteri appartenenti alla società di oggi, non strettamente romana, ma universale. Ogni personaggio rappresenta il nostro presente con le contraddizioni tipiche del nostro tempo. Sicuramente la nostra società ne esce totalmente sconfitta.
E come dice Jep Gambardella: "La più consistente scoperta che ho fatto pochi giorni dopo aver compiuto sessantacinque anni è che non posso più perdere tempo a fare cose che non mi va di fare."

E poi, come ogni film di Sorrentino, la colonna sonora, della quale ho scelto il pezzo di Damien Jurado - Everything trying 






Roberto Cotroneo scrive: “Questo film non è sull’Italia, ma è un film sulla religione e sulla morte, sul sesso, sul potere, sulla dissoluzione della storia. E solo Roma poteva permettere questo. L’unica città dove la storia si manifesta in strati sovrapposti, in strati di pietre che cambiano dall’età Augustea al Medioevo, dal Rinascimento al Barocco fino al periodo Umbertino e al Novecento 
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Questione di cuore - Francesca Archibugi 2009

Cosa succede quando due persone si incontrano a causa della malattia comune? Raramente, forse mai, mi è capitato di vedere che diventassero amici. Nel film Alberto e Angelo si conoscono in terapia intensiva. Due persone completamente diverse, di estrazione sociale e carattere, e nonostante questo diventano amici e cominciano a condividere il loro dolore e le loro vite. 



Qualcosa del genere accade anche in un altro film dell'Archibugi, Il grande Cocomero, un viaggio nella neuropsichiatria infantile, e lei è bravissima a scegliere per i suoi film  situazioni in cui i personaggi hanno grandi capacità ad "empatizzare" l'uno con l'altro, dirigendo gli attori in modo che riescano a trasmetterlo attraverso la pellicola. 
Il personaggio interpretato da Albanese, che è uno sceneggiatore, insegna al figlio dell'amico a capire la storia e il carattere delle persone attraverso piccoli dettagli, movimenti, parole, modo di vestire, da loro mostrati. E' importante ogni piccolo dettaglio delle persone che abbiamo di fronte ... solo così potremmo conoscere e capire a fondo le persone, purtroppo si corre talmente veloce che non si ha più la voglia né il tempo di farlo, perdendo così coloro che sono importanti ... Purtroppo su youtube non ho trovato nessuna delle scene girate tra Albanese e il bambino.
Non vorrei svelare nessun finale, ma alla fine uno dei due personaggi decide di trasferire nella propria casa la famiglia dell'altro. Qualcuno nel cinema ha commentato in modo ironico: eh sì tutti insieme appassionatamente .... l'empatia .... perché oggi per la gente è così difficile capire che l'accoglienza e la condivisione possono portare solo ricchezza nelle nostre vite? ... Searching for hearth and soul people .... 

Kim Rossi Stewart nel film è bravissimo (come lo è in ogni sua altra interpretazione) come lo è anche Antonio Albanese. Devo dire che il film è davvero commovente .... 






(pubblicato il 6 settembre 2015)

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La solitudine dei numeri primi (Saverio Costanzo 2010)
(Protagonisti Alba Rohrwacher: Alice Della Rocca; Luca Marinelli: Mattia)

Tratto dall'omonimo romanzo  di Paolo Giordano del 2008 (Premio Strega e Campiello), che ha partecipato anche come sceneggiatore al film.


“Lei e Mattia erano uniti da un filo elastico e invisibile, sepolto sotto un mucchio di cose di poca importanza, un filo che poteva esistere soltanto fra due come loro: due che avevano riconosciuto la propria solitudine l’uno nell’altra.”


"Nella serie infinita dei numeri naturali, esistono alcuni numeri speciali, i numeri primi, divisibili solo per se stessi e per uno. Se ne stanno come tutti gli altri schiacciati tra due numeri, ma hanno qualcosa di strano, si distinguono dagli altri e conservano un alone di seducente mistero che ha catturato l'interesse di generazioni di matematici. Fra questi, esistono poi dei numeri ancora più particolari e affascinanti, gli studiosi li hanno definiti "primi gemelli": sono due numeri primi separati da un unico numero. L'11 e il 13, il 17 e il 19, il 41 e il 43… A mano a mano che si va avanti questi numeri compaiono sempre con minore frequenza, ma, gli studiosi assicurano, anche quando ci si sta per arrendere, quando non si ha più voglia di contare, ecco che ci si imbatterà in altri due gemelli, stretti l'uno all'altro nella loro solitudine.
Mattia e Alice, i protagonisti di questo romanzo, sono così, due persone speciali che viaggiano sullo stesso binario ma destinati a non incontrarsi mai. Sono due universi implosi, incapaci di aprirsi al mondo che li circonda, di comunicare i pensieri e i sentimenti che affollano i loro abissi. Due storie difficili, due infanzie compromesse da un pesante macigno che si trascina nel tempo affollando le loro fragili esistenze fino alla maturità. (tratto dal sito web di IBS)"

Ho amato questo libro e di conseguenza il film, i numeri primi, le persone speciali anche se problematiche hanno un certo fascino e soprattutto influenza su di me (forse perché ho qualcosa in comune con loro). Sia Giordano che Saverio Costanzo hanno la capacità di entrare nel dolore degli “incompresi” e offrirlo al pubblico. Giordano con le parole (anche ne “Il corpo umano)  e Costanzo con la costruzione delle immagini (da vedere anche In memoria di me e  Private, due capolavori). Ho scelto come spezzone del film la scena dell'incontro di Mattia e Alice dopo molti anni. Il sottile filo che li univa era ancora forte. 


Vorrei aggiungere alcuni pezzi tratti dal libro che descrivono in qualche maniera la psicologia dei personaggi. 

"I numeri primi sono divisibili soltanto per 1 e per se stessi. Se ne stanno al loro posto nell'infinita serie dei numeri naturali, schiacciati come tutti fra due, ma un passo in là rispetto agli altri. Sono numeri sospettosi e solitari e per questo Mattia li trovava meravigliosi. Certe volte pensava che in quella sequenza ci fossero finiti per sbaglio, che vi fossero rimasti intrappolati come perline infilate in una collana. Altre volte, invece, sospettava che anche a loro sarebbe piaciuto essere come gli tutti, solo dei numeri qualunque, ma che per qualche motivo non ne fossero capaci. [...] Tra di loro ce ne sono alcuni ancora più speciali... Li chiamano i primi gemelli: sono coppie di numeri primi che se ne stanno vicini, anzi quasi vicini, perché fra di loro vi è sempre un numero pari che gli impedisce di toccarsi davvero".

"Parlavano poco, ma trascorrevano il tempo insieme, ognuno concentrato sulla propria voragine, con l'altro che lo teneva stretto e in salvo, senza bisogno di tante parole".

"Mattia pensava che lui e Alice erano così, due primi gemelli, soli e perduti, vicini ma non abbastanza per sfiorarsi davvero. A lei non l'aveva mai detto."

"Tutto il mondo ti cerca, devono solo capire dove ti nascondi." (Alice) 

"Sapeva che tutta la violenza era racchiusa nella precisione di un dettaglio".

"Non aveva scelto lui fra tutti quanti. La verità è che non aveva pensato a nessun altro",

"Ecco. Ci pensava spesso. Di nuovo. Era come un altra delle sue malattie, dalla quale non voleva veramente guarire. Ci si può ammalare anche solo di un ricordo e lei era ammalata".




"Aveva imparato a rispettare il baratro che lui aveva scavato tutto intorno a se... anni prima aveva provato a saltarlo quel baratro e ci era cascato dentro... ora si accontentava di sedersi sul ciglio con le gambe a penzoloni nel vuoto!"

“... perché sapeva che Mattia parlava poco ma, quando lo faceva, valeva la pena di stare zitti e ascoltare.”
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Sostiene Pereira - Roberto Faenza 1995 tratto dal libro di Antonio Tabucchi 1994

E' difficile avere una convinzione precisa quando si parla delle ragioni del cuore, sostiene Pereira. 


E' la terza volta che parlo di un film o libro o film/libro che sia ambientato a Lisbona. Non nascondo di avere un debole per il Portogallo e per quella città in cui ho vissuto e di cui ho studiato letteratura e la storia. 
Sostiene Pereira è ambientato nella Lisbona del 1938 in piena dittatura. Pereira è un quieto giornalista senza pretese che si trova ad aver a che fare con due giovani rivoluzionari pronti a combattere e a morire per la libertà. Il quieto Pereira, che inizialmente cercava di non "immischiarsi" nelle vicende dittatoriali, prende coscienza della violenza del regime e si ritrova tramite un apparente "semplice" necrologio a denunciare e diventare uno dei più grandi oppositori della dittatura, riscattandosi dal torpore fino ad allora vissuto nel solo ricordo della moglie morta qualche anno prima per tubercolosi. Il libro finisce così:

"Lasciò il suo articolo al signor Pedro e uscì. Si sentiva esausto e aveva un grande rimescolamento negli intestini. Pensò di fermarsi a mangiare un panino al caffè dell'angolo, invece ordinò solo una limonata. Poi prese un taxi e si fece portare fino alla cattedrale. Entrò in casa con cautela, con il timore che qualcuno lo stesse aspettando. Ma in casa non c'era nessuno, solo un grande silenzio. Andò in camera da letto e dette uno sguardo al lenzuolo che copriva il corpo di Monteiro Rossi. Poi prese una piccola valigia, ci mise lo stretto necessario e la cartellina dei necrologi. Andò alla libreria, e cominciò a sfogliare i passaporti di Monteiro Rossi. Finalmente ne trovò uno che faceva al caso suo. Era un bel passaporto francese, fatto molto bene, la fotografia era quella di un uomo grasso con le borse sotto gli occhi, e l'età corrispondeva. Si chiamava Baudin, François Baudin. Gli parve un bel nome, a Pereira. Lo cacciò in valigia e prese il ritratto di sua moglie. Ti porto con me, gli disse, è meglio che tu venga con me. Lo mise a testa in su, perché respirasse bene. Poi si dette uno sguardo intorno e consultò l'orologio.
Era meglio affrettarsi, il "Lisboa" sarebbe uscito fra poco e non c'era tempo da perdere, sostiene Pereira."

"Qualcosa come?, rispose Pereira. Beh, disse la signora Delgado, lei è un intellettuale, dica quello che sta succedendo in Europa, esprima il suo libero pensiero, insomma faccia qualcosa. Sostiene Pereira che avrebbe voluto dire molte cose. Avrebbe voluto rispondere che sopra di lui c'era il suo direttore, il quale era un personaggio del regime, e che poi c'era il regime, con la sua polizia e la censura, e che in Portogallo tutti erano imbavagliati, insomma che non si poteva esprimere liberamente la propria opinione, [...]
Capisco, replicò la signora Delgado, ma forse tutto si può fare, basta averne la volontà."


Faenza è un regista che a me piace molto, nonostante nell'ambiente non sia molto amato e per questa ragione quando esce un suo film viene sempre mal criticato, a mio vedere, ingiustamente. A me, per esempio, sono piaciuti molto film come "Rubami l'anima" (Storia d'amore tormentata tra lo psicanalista Jung e Sabina Spielrein, film decisamente mitteleuropeo nell'impostazione grazie anche all'ambientazione) del 2002 e "Un giorno tutto questo dolore ti sarà utile" del 2011 tratto dal libro di Cameron (il libro a me non era piaciuto molto, l'avevo trovato troppo "americano" per i miei gusti, ma Faenza è riuscito a dare alla storia quell'impronta europea che a me è piaciuta, ma non ai critici). In Sostiene Pereira dirige un Marcello Mastroianni ormai alla fine della sua carriera e quindi molto intenso, preferisco non parlare di Dionisi e della Braschi. Chi ha visto o vedrà il film capirà da solo. La scena finale in cui Pereira ormai "riscattato" e rinato percorre la via centrale di Lisbona camminando verso la libertà, vale tutto il film.



Responsabilità intellettuale e atto di volontà ... Forse tutto si può fare, basta averne la volontà


La colonna sonora, che dire, Ennio Morricone non ne sbaglia una ....

Dulce Pontes _ & E. Morricone _ A brisa do coraçao _ 1995

(pubblicato il 1 dicembre 2015)


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Saturno Contro - (Ferzan Özpetek 2007)
È questo il bello dell'amicizia: capire le esigenze dell'altro ed esaudirle prima ancora che te lo chieda”



Un gruppo di amici si ritrova alla soglia dei quarant'anni a fare i conti con il senso e la tenuta della loro amicizia, dei loro affetti, della loro vita. Ognuno di loro ha dei segreti, ma poi una tragedia li fa unire in nome dell'amicizia. l tema della separazione, sia nell'amicizia che nell'amore, e l'impossibilità di accettarla, li costringe a confrontarsi con i loro sentimenti, le loro emozioni e le loro paure più profonde.
In tutti i film di Ferzan Özpetek l’amicizia è tema centrale in quanto sentimento fondamentale per ogni personaggio, un’amicizia vera, fatta di rapporti interpersonali, di abbracci sinceri, di verità. Sono film che rimangono dentro per l’emozione che si prova nel vederli, come se si sentisse qualcosa che manca nella propria  vita. Manca la verità, mancano i rapporti sinceri. E’ importante oggi rivalutare i veri sentimenti, periodi i nostri in cui si rompono amicizie o rapporti interpersonali di oltre tre decenni bannando sui social network e bloccando sui cellulari senza una parola, senza un perché, senza più sentimento, senza più un valore.  Manca il calore dei rapporti, le risate, le litigate, i confronti, la solidarietà, il fare le cose insieme …. manca il vero senso dell’amicizia e dei rapporti interpersonali. Searching for heart and soul people ..... 





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Tutto su mia madre - Pedro Almodovar (1999)

«A Bette Davis, Gena Rowlands, Romy Schneider… A tutte le attrici che hanno fatto le attrici, a tutte le donne che recitano, agli uomini che recitano e si trasformano in donne, a tutte le persone che vogliono essere madri. A mia madre »



"La vera autenticità non sta nell'essere come si è, ma nel riuscire a somigliare il più possibile al sogno che si ha di se stessi" 

Almodovar è uno di quei registi capace a descrivere perfettamente la psicologia di una donna. Le donne sono protagoniste principali di tutti i suoi film, compreso questo in cui vediamo una carrellata di caratteri femminili; le uniche figure principali (ma non protagoniste) maschili sono i tre Esteban, il figlio di Manuela (che muore presto nel film), il padre del figlio di Manuela, che compare alla fine del film oramai divenuta Lola, e il figlio neonato di Lola/Esteban nato da Rosa.  Raccontata così potrebbe sembrare una storia assurda del tutto innaturale, ma è una storia raccontata e diretta talmente bene da renderla quasi naturale (per chi è scevro di pregiudizi). Un film pieno di zeppo di emozioni e di dolore e bellissimo ....

Ps ho scelto di pubblicare il pezzo in lingua originale Questa è una delle scene più belle del film. Manuela torna a Barcellona per cercare il padre del figlio appena morto. Il viaggio in treno, l'arrivo a Barcellona, il contrasto del luogo in cui le arriva per cercare "Lola", tutto accompagnato dal pezzo "Tajabone" di Ismael Lo che rende la scena ancora più emozionante....




In questo monologo a teatro Huma racconta la morte del figlio di Manuela. Era stata Huma, per un tragico errore ad investire Esteban ......



(aggiornato il 2 aprile 2016)


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The clock (Christian Marclay 2010) Premio Gloden Lion alla Biennale di Venezia nel 2011 




Nel 2011 sono stata alla Biennale di Venezia. Visitai un capannone e passai di area in area. In questo giro mi trovai in una sala cinematografica. Mi sono seduta. Erano spezzoni di film. Che nesso ci poteva essere tra loro? Mi accorsi che ogni scena aveva in comune un orologio o si parlava di ore o del tempo. Feci più attenzione e mi accorsi che ogni volta che compariva un orologio l'ora che mostrava era la stessa del mio orologio. Le 16.00, 16.10, 16.20 e via di seguito. Per questioni di "tempo" non ne vidi più di tre quarti d'ora. Ma ne rimasi affascinata!!! 24 ore dalle ore 0.00 alle ore 24.00, in un "montaggio di migliaia di frammenti di film che documentano lo scorrere del tempo, sempre allineate minuto per minuto con l'orario del luogo dove viene proiettata l'opera"Come disse Marclay "Tu diventi parte dell'opera con la tua vita, le tue storie, le tue emozioni".

Opera d'arte assolutamente geniale!!! Inserisco  alcuni spezzoni che ho trovato su youtube 










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La stanza del Figlio (Nanni Moretti - 2001) 

Gente Comune (Robert Redford - 1981)


Ph Larry Fink 

Ieri il figlio di una famiglia che conosco, poco più grande di mia figlia, si è suicidato buttandosi dalla finestra. In questi momenti si pensa come un genitore possa sopravvivere a un dolore così grande. E’ difficile sopravvivere ad una morte di un figlio improvvisa, che sia per incidente o per malattia, ma credo che sia dolorosissimo sopravvivere ad un suicidio del proprio figlio. Perché ci si chiede dove si ha sbagliato, si rivedono i propri errori, le proprie scelte, ci si chiede cosa si avrebbe potuto fare, dire o non fare o non dire. Chi di noi nella propria vita non ha mai pensato, anche solo per un decimo di secondo, di porre fine alla propria esistenza, soprattutto quando si è giovani e si sente il peso e la difficoltà ad affrontare gli ostacoli che il mondo, ma soprattutto la nostra anima, ci pone davanti. Nessuno potrà mai dare risposte o capire un gesto del genere, e credo anche che nessuno abbia diritto di giudicare.

Mi son venuti in mente due film in cui la morte di un figlio (in entrambi i casi adolescente), La stanza del figlio di Nanni Moretti e un vecchio film (del 1981) di Robert Redford, Gente Comune, che rimase particolarmente impresso nel mio essere adolescente, rendendolo per molto tempo il mio film preferito.

La stanza del Figlio racconta di come una famiglia cerca di “sopravvivere” alla morte accidentale del figlio, al vuoto e al dolore che lascia. Solo dopo la morte del proprio figlio si scoprono tante cose che di lui non si sarebbe mai immaginato. Anche in questo caso ci si fanno molte domande: ma se io avessi fatto o detto questo? Se io mi fossi comportato in questa maniera? Forse la vita avrebbe avuto un corso diverso. Il senso di colpa è preponderante.

Nella colonna sonora del film c’è questo pezzo di Brian Eno (By this river) … questo pezzo che ho trovato raccoglie scene del film costruite su questo brano ….


A me questo film è piaciuto molto e l’ho trovato molto forte.

Gente Comune è un film del 1980, in questo caso il figlio muore per un incidente di mare mentre era con il fratello. In questo caso chi non riesce a sopravvivere al dolore della morte, non sono i genitori ma è il fratello Conrad (un Timoty Hutton di una bravura assoluta) che si addossa la colpa della sua morte, tanto da tentare il suicidio. I genitori non riescono a capire il dolore che prova, soprattutto la madre interessata solo a salvare, da perfetta borghese, le apparenze. Viene salvato dal suo psichiatra. In questo film troviamo rappresentata la borghesia degli anni ’80 americana, gli “Ordinary People”, che invece di affrontare il dolore, coprono ciò che non va sotto un tappeto persiano molto costoso, e l’ascesa della  psicanalisi tra la fine degli anni ’70 e gli anni ‘80 (in molti film di quegli anni si parla di psichiatria e psicoanalisi) grazie ad un esponenziale crescita del “dolore dell’anima” soprattutto negli adolescenti. 
La colonna sonora che si basa sul canone di Pachelebel, e non poteva esserci scelta migliore.


Mary Tyler Moore a Timoty Hutton

Questa è una scena in cui Conrad incontra il Dr. Berger dopo una crisi ….. ci vorrebbe un Dr. Berger per tutti …. 



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Bagdad Café - Percy Adlon 1987




Ho visto questo film nel 1987 in un cinema d'essai a Roma. Scelto per caso, non era ancora un film famoso, ma un amico venuto da Milano e a Roma per il servizio militare mi convinse ad andarlo a vedere (o fui io a convincere lui? boh non ricordo). Mi piacque moltissimo, il modo particolare di giocare con le inquadrature, le scelte espressive dei personaggi, ma soprattutto per le contraddizioni presenti. Due turisti tirolesi, vestiti da tirolesi, che si trovano in mezzo al deserto del Mojave in America, si fermano in un caffè in mezzo al deserto gestito da una donna di colore "isterica", abbandonata dal marito, con due figli, di cui il maschio, ragazzo padre, pianista. Due contraddizioni, tirolesi nel deserto e le note di Bach che risuonano perennemente in un ambiente frequentato da camionisti. Un artista pittore che vive in quel luogo lontano da ogni città. La presenza di questa figura lontana culturalmente da quel deserto crea quasi un magico equilibrio. Insomma, accettare quel che si pensa essere diverso da noi porta invece serenità ed equilibrio. Finché lei parte e non  torna in Germania ..... Una colonna sonora memorabile (comprai subito il vinile naturalmente). 

Jevetta Steel - Calling you 



(pubblicato il 4 settembre 2015)


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Trainspotting (Danny Boyle - 1996) 

.... tirando avanti lontano dai guai, in attesa del giorno in cui morirai




Recentemente, il giorno in cui è uscito nei cinema Trainspotting 2, in televisione hanno mandato in onda Trainspotting. Ho deciso di rivederlo anche se quel film mi ha sempre dato un senso di angoscia (come d’altronde anche Noi ragazzi dello zoo di Berlino, anche se a differenza di quest’ultimo, il film di Boyle – come il libro di Irving Welsh da cui è tratto - inserisce spesso scene al limite del comico e dell’assurdo, alleggerendo apparentemente delle situazioni decisamente tragiche). 

«Qualche volta penso che la gente cominci a bucarsi soltanto perché, senza neanche rendersene conto, ha un gran voglia di un po' di silenzio.» 

Questa è la visione della vita all’inizio del film di Mark Renton , protagonista del film:
"Scegliete la vita, scegliete un lavoro, scegliete una carriera, scegliete la famiglia, scegliete un maxi-televisore del cazzo, scegliete lavatrice, macchina, lettore cd e apriscatole elettrici. Scegliete la buona salute, il colesterolo basso e la polizza vita; scegliete mutuo a interessi fissi, scegliete una prima casa, scegliete gli amici. Scegliete una moda casual e le valigie in tinta, scegliete un salotto di tre pezzi a rate e ricopritelo con una stoffa del cazzo, scegliete il fai-da-te e il chiedetevi chi siete la domenica mattina. Scegliete di sedervi sul divano a spappolarvi il cervello e lo spirito con i quiz, mentre vi ingozzate di schifezze da mangiare. Alla fine scegliete di marcire, di tirare le cuoia in uno squallido ospizio, ridotti a motivo di imbarazzo di stronzetti viziati ed egoisti che avete figliato per rimpiazzarvi. Scegliete il futuro, scegliete la vita. Ma perché dovrei fare una cosa così? Io ho scelto di non scegliere la vita. Ho scelto qualcos'altro. Le ragioni? Non ci sono ragioni. Chi ha bisogno di ragioni quando ha l'eroina?"

Scena iniziale del film

L’eroina in realtà è la vera protagonista di tutto il film. L’eroina che ti prende, che diventa la tua vita, Mark Renton dice: “La gente pensa che si tratti di miseria, disperazione, morte, merdate del genere, che pure non vanno ignorate. Quello che la gente dimentica è quanto sia piacevole, sennò noi non lo faremmo. In fondo non siamo mica stupidi! Almeno non fino a questo punto, e che cazzo! Prendete l'orgasmo più forte che avete mai provato. Moltiplicatelo per mille. Neanche allora ci siete vicini”.

L’eroina è quella cosa che ti fa sentire bene, ti fa uscire dalla realtà, ti fa sentire grande. L’eroina è quella cosa che ti ammazza, ti distrugge. Con dolore te ne liberi, ma non puoi dire di esserne fuori per sempre, lei è sempre lì (in diverse forme) che ti guarda e ti attira sempre nella sua rete.

Alla fine di tutto questa diventa la visione di Mark Renton: 
“Mi sono giustificato con me stesso in tante maniere diverse, non era niente di che, solo un piccolo tradimento, o ….. […] Allora perché l'ho fatto? Potrei dare un milione di risposte tutte false. La verità è che sono cattivo, ma questo cambierà, io cambierò, è l'ultima volta che faccio cose come questa, metto la testa a posto, vado avanti, rigo dritto, scelgo la vita. Già adesso non vedo l'ora, diventerò esattamente come voi: il lavoro, la famiglia, il maxitelevisore del cazzo, la lavatrice, la macchina, il cd e l'apriscatole elettrico, buona salute, colesterolo basso, polizza vita, mutuo, prima casa, moda casual, valigie, salotto di tre pezzi, fai da te, telequiz, schifezze nella pancia, figli, a spasso nel parco, orario d'ufficio, bravo a golf, l'auto lavata, tanti maglioni, natale in famiglia, pensione privata, esenzione fiscale, tirando avanti lontano dai guai, in attesa del giorno in cui morirai”.


Discorso finale

Il film è un cult della storia della cinema, ci sono scene come quella in cui uno dei protagonisti infila le mani in un cesso pubblico per recuperare delle supposte d’oppio, oppure la scena iniziale in cui loro scappano dalla polizia per un furto mentre si sente il famoso monologo sulla vita, sono diventate scene cult della storia del cinema (come d’altronde lo è tutto il film), oltretutto la colonna sonora esalta notevolmente alcune scene, in particolare in cui il protagonista si inietta una dose e comincia un “viaggio” causato dall’eroina, in realtà il suo era il suo viaggio verso il pronto soccorso, grazie a persone senza volto, accompagnato da Perfect Day di Lou Reed (indimenticabile).

Lou reed - Perfect Day (scena del "viaggio" di eroina)




Perché mi angoscia il film? Perché nella mia vita ho sfiorato quel mondo, ci ho messo un piede e l’ho tirato fuori quasi subito, ho visto cucchiaini riscaldati dalla fiamma, ho visto aghi infilarsi nella pelle, ho visto occhi stravolti dopo una sniffata di eroina, ho visto da vicino spacciatori di eroina, ho visto amici “usciti fuori di testa” per colpa degli acidi camminare senza meta per il paese, ho visto amici sballati dalle canne, il vomito, i brividi, il freddo, l’AIDS, ho visto amici che avevano continue allucinazioni causate dalla cocaina, ho visto nottate insonni causate dalla cocaina, ho visto persone perdere il controllo e riuscire a salvarmi in corner da violenze o da loro pretese inconsulte nei miei confronti, ho capito che chi ne era entrato ed era sicuro di esserne uscito, non ne sarebbe mai uscito veramente, il loro fiuto li porta sempre lì. Io l’ho solo sfiorato …. Ma c’è chi ci è rimasto secco …..

(pubblicato il 28 febbraio 2017)

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Manuale d'amore (2002) e Manuale d'amore 2 (2005) (Giovanni Veronesi)

Giovanni Veronesi è sceneggiatore, attore, regista e conduttore radiofonico (oltre ad essere il fratello di Sandro Veronesi di cui ho parlato in questo blog). Ha diretto negli ultimi venti anni commedie di grande successo, sicuramente piacevoli da vedere. 




Non tutti gli episodi dei tre "Manuale d'amore" mi son piaciuti, anzi .... ma  un aspetto che mi ha colpito è stato il rapporto con Verdone.
In fin dei conti Verdone non è solo esclusivamente un comico, ma possiede una grande vena malinconica, triste, nostalgica, che poi in fondo è la caratteristica dei più grandi attori comici di tutti i tempi (ricordate Charlie Chaplin, Robin Williams? per citarne alcuni),  e Veronesi riesce a tirar fuori da lui perfettamente questo aspetto, come ci è riuscito Sorrentino. Oggi non so per quale ragione, ma mi sono venute in mente due scene in cui Verdone è protagonista, una di Manuale d'Amore e una tratta dal secondo .....

Manuale d'amore (2002) 
''Come si fa a decidere di smettere di amare una persona? Io non ce l'ho un carattere così forte. Io non sono uno di quelli che per smettere di fumare un giorno buttano via il pacchetto e non fumano più.Una volta c'ho provato. Però poi di notte sono andato a riprendere il pacchetto nel secchio della spazzatura''

Canzone di sottofondo: Orlando Johnson – Anymore


Manuale d'amore 2 (2005)
C'è la neve nei miei ricordi... C'è sempre la neve... E mi diventa bianco il cervello se non la smetto di ricordare... Tanto qui sotto nulla è peccato..!

Canzone di sottofondo: Elisa – Eppure sentire (un senso di te) 



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Il racconto dei racconti - Tale of Tales (Matteo Garrone 2015) 


Ogni nuova vita richiede la perdita di una vita. L'equilibrio del mondo deve essere mantenuto!
Il film è il racconto cinematografico della raccolta di fiabe Lo cunto delli cunti di Giambattista Basile scritta nel '600. Sono tre storie separate ma intrecciate in qualche modo tra di loro.


Mondo fantastico di aria medievale tendente al gotico. Bellissima fotografia e effetti speciali . Ma quel che rende il film affascinante sono i luoghi, tutti in Italia tra la Sicilia, Puglia, Toscana, Lazio e Abruzzo. Pubblico alcuni dei luoghi percorsi durante il film, che Garrone riesce a rendere ancora più belli della loro naturale bellezza.


Bosco di Sasseto nel Lazio 

Castel del Monte - Puglia

Castello di Donna Fugata - Sicilia

Gole di Alcantara - Sicilia

Vie Cave - Toscana

Castello di Rocca Scalegna - Abruzzo













2 commenti:

  1. I travel through " heart Search and soul of people " I find myself in a vast world, thank you Francesca to pool knowledge.

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