La vita che vorrei (La mia penna)


Racconto selezionato tra i finalisti 
Concorso “Riscontri Letterari” (2022)
pubblicato nella raccolta 

(Terbinto Edizioni 2022)


La vita che vorrei
di Francesca Cammisa


- Una strada, una piazza, tanta luce. Eravamo lì che ci muovevamo sparsi, senza meta. Ma io avevo un intento ed era quello di cercare il suo sguardo e fermarlo nel mio. Ci provavo e riprovavo, avevo percepito che mi aveva notato, ma sfuggiva, con quell’aria semironica e sicura di sé. Mi allontanai e presi la mia strada. Non cercavo più i suoi occhi. Ma all’improvviso mi sentii prendere da dietro. Mi abbracciò col suo braccio destro e mi avvolse la spalla fino a toccarmi il petto, avvicinando il suo viso al mio, sfiorandomi con le sue labbra e guardandomi con gli occhi sorridenti. Come per dire: ti ho preso. Provai una felicità improvvisa e una pace che da tempo stentavo a trovare. Avrei voluto rimanere ferma lì, così, per sempre.

Bip. Bip. Bip. Sono le 6 e 47.

Non avrei voluto svegliarmi. Avrei voluto restare lì, in quell’abbraccio. Avrei voluto continuare a sentire il senso di pace. Mi manca la pace. Mi manca il sorriso. Non avrei voluto perdere quella sensazione che si prova solo nei sogni. La felicità.”

- Ginevra, chi era il tipo che hai sognato, ma soprattutto, c’eravamo anche noi in questo sogno?

- Non lo so chi era. Anzi, sì, lo so, era la persona che amo e che ho sempre amato.

- Ma va! E dopo tutti questi anni in cui noi quattro siamo amici non ce ne avevi mai parlato? E come si chiamerebbe questa ‘persona’?

- Non ha un nome.

- Certo che sei messa proprio bene! Innamorata di un sogno.

- Sì, c’eravate anche voi nel sogno, vedete? Non posso fare a meno di voi neanche nella vita che vorrei.

- Eh sì, ‘la vita che vorrei’ …. Nessuno di noi quattro qui, in questa domenica, di fronte all’ immensa natura, dopo aver camminato per ore, vive la vita che vorrebbe. Tranne questo preciso istante, immersi nella bellezza che solo lontano dalla civiltà potremo mai avere. Ecco! Io mi fermerei qui per non tornare più, per non dover sentire in continuazione ciò che devo o non devo fare. È un momento giusto per festeggiare. Sapete che vi dico? Ho qui con me qualcosa per tirarci un po’ su … aspettate che guardo dentro lo zaino…

- Avevo notato il tuo zaino un po’ più pesante … Sei sempre il solito. No, noi vogliamo niente, sei sicuro di volerti rovinare questo momento magico?

Daniele, rimane con la bottiglia in mano e la guarda con voglia ma anche con disprezzo. La gira, la rigira.

- Hai ragione Luca, non mi va neanche più, la terrò da parte per quando arrivo a casa.

- Non è quella bottiglia che può aiutarti a trovare la vita che vorresti. Più la tieni vicino e più te ne allontana.

- Luca, è l’unica cosa che mi permette di nascondermi e di dimenticare anche solo per qualche ora quello schifo di realtà in cui mi trovo. Ginevra hai i suoi sogni, io ho questa. Mi alzo alle 5, raggiungo mio padre, sempre nervoso fin dalle prime ore del giorno, andiamo in falegnameria e si finisce alle 7 di sera. Non gli va bene mai niente, urla, urla e urla ‘devi imparare, tutto questo l’ho creato anche per te, sarai tu che dovrai portarlo avanti’. Ogni giorno, ogni santo giorno sento le sue urla. Le ricordo fin da quando ero bambino.

- Io ricordo che quando eravamo bambini arrivavi a scuola sempre triste, e un giorno che avevamo ginnastica vidi sulla tua schiena i segni di quella maledetta cinta. Ero piccolo non sapevo come comportarmi e feci finta di niente. Dopo tutti questi anni, complice questo odore di terra di bosco, vorrei chiederti scusa per non aver fatto niente. I sensi di colpa mi hanno accompagnato per anni per averti visto soffrire e non aver fatto abbastanza.

- Luca, non hai bisogno di scusarti di nulla. Eravamo piccoli e io non ero in grado di chiedere aiuto ma avevo capito la tua vicinanza. Come vedi, dopo tanti anni, siamo ancora qui, seduti sotto questo albero, uno di fronte all’altro. Rimprovero me stesso di aver permesso che lui decidesse ogni cosa della mia vita, anche da adulto. Ha fatto in modo che Rosa se ne andasse perché era stata l’unica che aveva avuto il coraggio di difendermi. E lei non mi ha perdonato di non aver preso posizione e di non averla difesa a mia volta. A proposito, ieri mi è arrivata la richiesta di divorzio, mi vuole togliere un sacco di soldi ma sembra che mi lasci Black, per fortuna. Il sabato sera è mio insieme a lui e a questa bottiglia. Non vi nascondo che le sere in sua compagnia stanno aumentando, Per fortuna rimane la domenica per stare con voi e insieme a questo cucciolo meraviglioso, senza di lui sarei davvero perso. Valentina, mi passi l’acqua per favore?

- Ecco, Daniele, prendi. Anche io sogno spesso come Ginevra. Ho sognato una stazione. Una di quelle stazioni di periferia. C’era il sole. Una luce splendente avvolgeva me e lui. Eravamo fermi lì sulla banchina in attesa di un treno. Eccolo che arriva, un treno d’altri tempi, di quelli fatti a scompartimenti che per entrarci dovevi salire due scalini alti. Si ferma davanti a noi. Ci guardiamo, ci sorridiamo, ci prendiamo per mano e ci accingiamo a salire sul quel treno. Poi mi sono svegliata di soprassalto.

Avrei voluto prendere quel treno. Uno di quei treni che passano una sola volta nella vita. Quanti treni mi sono passati davanti. Alcuni si sono fermati ma io non ci sono salita. Ero stata contattata da una società che cercava persone con il mio profilo. Parlai con l’intervistatore e dissi al termine del colloquio che non mi interessava. Il tipo si innervosì e mi disse con tono acido: è solo che mi dispiacerebbe farle perdere uno di quei famosi "treni" senza averci prima guardato dentro. Quel treno si fermò davanti a me, ma io non ci salii. E non è stato il primo.

Anche lui si innervosì come l’intervistatore quel giorno che gli dissi che non l’avrei seguito a Londra. Presi quella decisione forse senza neanche pensarci. Ho visto la rabbia, la delusione, l’odio nei suoi occhi. Se ne andò senza una parola. Ma io volevo che si voltasse, che mi guardasse negli occhi e che me lo chiedesse una seconda volta, e io che cosa avrei fatto? Sarei andata con lui? Non lo saprò mai. Abbiamo pianto senza dircelo per anni, ma nessuno dei due ha alzato il telefono per chiedere scusa per il male che ci eravamo fatti. Io per aver detto di no, quasi per gioco, e lui per non essersi voltato.

Le scelte determinano le nostre vite. Con il senno di poi mi chiedo perché non ho fatto quella scelta. Ora non sarei qui e dove sarei? Come sarebbe la mia vita se all’improvviso senza pensarci fossi salita su uno di quei treni. Ma i treni che vorrei prendere passano sempre nella direzione contraria e mai dalla pensilina in cui mi trovo. La cosa peggiore è che non decido mai di saltare e passare dall’altra parte. Il destino ti mette di fronte a delle scelte, se non sei capace di cogliere e seguire quella giusta, anche il destino ti volta le spalle e se ne va. Però cerchi quella “voce dentro di te” ma non sempre riesci a trovarla, anzi quasi mai. Perché mi guardi così Luca?

- Perché tutto questo parlar di sogni mi ha fatto venire in mente un mio sogno ricorrente.

Una stanza buia, mi muovo a quattro zampe da destra a sinistra, avanti e indietro, come un ragno impazzito. Sento che c’è anche lei nella stanza che si muove in egual maniera ma non ci incontriamo mai. Non ci tocchiamo, né ci sfioriamo. Ma dov’è? Che angoscia, sapere che è lì e non poterla toccare. Mi chiedo sempre cosa questo sogno voglia dire.

Che strana sensazione, sentire e non vedere. Avvertire che qualcuno ti sta accanto e non avere gli occhi per vederlo. Muovere le mani, con la speranza di toccare anche solo il lembo della gonna e invece ci si ritrova ad agitare le braccia nel vuoto. Quante persone e situazioni ti passano accanto che ti potrebbero salvare e non le vedi, però ne senti l’odore e pensi: perché non sono capace di vedere? Colpa del buio che ci avvolge o di quel velo scuro che copre i nostri occhi?

- Sai cosa mi fa pensare questo tuo sogno? Alla tua storia con Alessandra. Vi cercate, vi trovate, vi perdete, ma non riuscite mai a fermarvi.

- Sai Ginevra? Io penso che sia Alessandra che non abbia mai voluto farsi vedere, e quelle volte che si riavvicinava, mi toglieva il respiro e poi scompariva di nuovo. Ma io so che è sempre lì, che mi cerca ma non vuole farsi vedere.

- Lasciala perdere, che non ne vale la pena, sai bene di non essere l’unico.

- No, Ginevra, io so che Alessandra c’è sempre per me, ma aveva i suoi buoni motivi per andarsene. Io ho sbagliato nel non dirle che quanto successo non fosse colpa sua. Vale la pena, ti assicuro che vale la pena aspettarla. Ora siamo entrambi soli, anche se lei cerca sempre un diversivo, ma siamo senza una famiglia …. senza ….”

- Eh già, è una grande pena …. Ma a proposito di “non essere gli unici”. Visto che siamo qui a raccontarci i nostri sogni, vi racconto anche questo.

Mi trovo in un appartamento. Sento dei rumori nell’altra stanza. Mi avvicino e lo vedo mentre fa l’amore con un'altra ragazza. Alza gli occhi, mi vede e con lo sguardo mi dice, non pensare di essere l’unica, io sono un uomo libero. Uno sguardo che mi trafigge il cuore e l’anima.

Il dolore provocato da quello sguardo persiste e insiste ogni giorno della mia vita.

Una delle ragioni che influenzò la mia decisione di non seguirlo a Londra è stata proprio questa, a lui piacevano anche le altre donne. Mi sfidava continuamente e mi tradiva, credo pure che non fosse mai venuto a conoscenza del fatto che io sapessi tutto. A volte penso che la mia scelta di non seguirlo fosse da lui sperata e anelata nel profondo, in qualche modo avevo deciso io per lui e probabilmente ne era anche sollevato, non doveva essere lui a prendere la decisione. Certo, lui si mostrava perfetto, quello che non sbagliava mai, ero io che non avevo voluto seguirlo, la colpa era mia ma ignorava la ragione per cui io non andai con lui. Nonostante sotto sotto fosse quello che voleva, la prese come un affronto e, da quanto poi ho saputo, ne soffrì abbastanza. Ma non quanto me.

Dopo tutto questo mi chiedo come mai possa essere ritornato nei miei sogni dopo tanto tempo. Forse dovrei cercarlo solo per sanare quella ferita che evidentemente è rimasta aperta? Un confronto per mandarci a quel paese definitivamente o per riabbracciarci? E se nel contattarlo mi ignorasse? Non sanerei la ferita e ricomincerebbe tutto daccapo. E se invece rispondesse e io non volessi più vederlo? E se… i problemi non si risolvono con i “se”, quella voce io ora non la sento e non so che fare.

Daniele si volta verso Luca e comincia a fissarlo.

- Che c’è? Perché ti sei incantato a guardarmi?

- Non è Alessandra l’ombra del tuo sogno. È Pietro, vostro figlio. Il destino è stato crudele. Nessun padre dovrebbe mai sopravvivere ad un figlio. Ma lui è lì accanto a te sempre, non potrai vederlo ma c’è. Lo sai bene, io penso solo che tu e Alessandra dovreste abbattere quel muro che vi divide, questi dolori si superano insieme.

- Non lo so, Luca, non so più che fare, rivederla riaprirebbe una ferita che non riesce a rimarginarsi ma vorrei che tornasse e io sono qui ad aspettarla. Ma nel profondo, non so neanche se lei sia riuscita ad elaborare quel lutto che ci ha diviso.

- Ragazzi sapete che penso? Che vorremmo fare tante cose, comportarci in un certo modo, prendere la decisione giusta, ma spesso non ne siamo capaci. Ci sono dei momenti in cui si sente il bisogno di trovare dentro noi stessi quella voce che risuona e che ci dica cosa fare. Se si riguarda il corso delle nostre vite ci rendiamo conto che ci sono momenti “di forza” in cui si è capaci di affrontare il mondo senza pensare, si va avanti e non ci si preoccupa se quel che ci sta accadendo sia giusto o no, come dei caterpillar proseguiamo cercando di raggiungere tutti gli obiettivi che ci eravamo proposti. Ci si sente sicuri e non ci preoccupiamo se quanto stiamo facendo possa far male o meno a chi ci sta intorno. Io invidio le persone che ci riescono, per quanto mi riguarda questi momenti in cui la “forza” non mi ha abbandonato sono stati rari e sporadici. C’era sempre qualcuno o qualcosa che faceva in modo, insinuandomi continui dubbi, che non fossi più sicura di quella forza.

Ci sono altri momenti in cui ci si sente persi, quei momenti in cui non si è più sicuri che ciò che si sta facendo sia giusto o meno. In quei momenti si va avanti sperando che il mondo, con i suoi eventi improvvisi, possa decidere la strada per noi.

Ci sono momenti, poi, in cui si ha il bisogno di sentire quella voce dentro noi stessi che ci indichi la strada. Può capitare che accadano degli eventi improvvisi che stravolgano i nostri esseri che fino a quel momento si trascinavano nella noiosa quotidianità, senza slanci. Ci si butta a capofitto, pensando ‘finalmente mi sta accadendo qualcosa di bello!’ E non si vuole dare attenzione quella voce in fondo che dice “stai attento non è come sembra, c’è qualcosa che stona”. Ma tu la ascolti da un angolo ottuso e vai avanti credendo con tutte le tue forze a quel film che è diventata la tua vita. Ci credi, la coltivi, ti esalti, ridi, soffri, sorridi di nuovo e piangi. E sbagli. Ti guardi intorno cercando quella voce che ti può aiutare, ma non c’è e precipiti.

Abbiamo bisogno di ascoltare quella voce che ci dica da dentro cosa è giusto e cosa no ma spesso non la sentiamo, non la troviamo e non possiamo trovarla neanche fuori di noi, perché chi vede le cose da fuori non può mai capire quale sfumatura rende diversa la nostra storia da quella di chiunque altro.

Quella voce mi aveva detto che stavo sbagliando, che dovevo mollare subito, che mi dovevo allontanare ed è accaduto quello che non volevo succedesse, anche se sapevo che sarebbe accaduto prima o poi. La stessa voce mi diceva di perseverare, che le cose sarebbero cambiate, che tutto si sarebbe sistemato. Non trovo più quella voce, sono diventata sorda a me stessa. Devo cercarla. Qualcuno mi deve aiutare.

- Ginevra, non hai mai voluto raccontarci quanto ti fosse accaduto ma, nonostante questo. ti siamo stati accanto nella tua depressione e non abbiamo mai chiesto di più. Quando sarai pronta ci proverai.

Ci sono questi alberi, queste foglie, questo panorama, questi piccoli animali che abbiamo intorno e che ci guardano incuriositi. Ci siamo noi che proviamo ad aiutarti a cercare quella voce. Ma non possiamo essere noi quella voce e dirti cosa fare o non fare, perché la devi trovare dentro te stessa. Noi possiamo solo supportarti, ascoltarti, discutere, ma non decidere per te. Sono anni che porti dentro questa inquietudine.

- Daniele, ognuno di noi porta un peso nel cuore, che sia per amore, per incapacità di risolvere i problemi esistenziali, per la perdita di un figlio, per l’incapacità di affrancarsi da un padre prepotente, difficoltà che ci rendono difficile comprendere le nostre vite. Non so se a voi capita di chiedervi se la vita che state vivendo sia veramente la vostra o un insieme di obblighi, di scelte, di doveri …

- Guardate! Ma che sta succedendo? Black, ma dove eri finito?

Il sole aveva superato lo zenit ed emanava una luce meravigliosa. Il cielo era limpido, quella limpidezza tipica di settembre, gli uccelli volavano in alto. Da lassù il mondo sembrava silenzioso, molto di più di quei leggeri rumori del bosco. I raggi del sole si posavano sulle foglie, sui fiori e sui loro visi. Black era tornato seguito da altri piccoli animali, tra cui un piccolo cerbiatto che si fermò a guardare i quattro amici, che rimasero lì, fermi, in silenzio perché null’altro avrebbero voluto dire, se non pensare “questa è la vita che vorrei …”



 


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